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Università di Cagliari

Allergologia ed Immunologia Clinica

Prof.Paolo Emilio Manconi

gennaio 2000

Allergie alimentari

(Con la collaborazione della Dr.ssa M.Pina Barca)

L’allergia alimentare ha sempre rappresentato un difficile problema: benché chiaramente essa esista e possa essere dimostrata molti studiosi continuano a negarne l’esistenza mentre altri continuano a sovrastimarne la frequenza.

In effetti, l’intolleranza alimentare è più frequente dell’allergia, e talvolta può essere difficoltoso distinguerle.

Le reazioni tali da mettere a repentaglio la vita sembrano essere piuttosto rare, ma probabilmente la loro prevalenza sta aumentando, e il pattern delle reazioni ai vari alimenti si modifica di pari passo con i cambiamenti che vengono apportati nell’alimentazione.

L’allergia alimentare per lo più può essere diagnosticata con facilità, ma quando la reazione non è dovuta ad un meccanismo immunologico la diagnosi si presenta più complessa, nonostante sia più frequente dell’allergia..

La classificazione

Nel 1994 il sottocomitato europeo dell’EAACI per le Reazioni Avverse agli Alimenti, al fine di stabilire un linguaggio comune nel campo delle reazioni avverse agli alimenti e di semplificare precedenti classificazioni per lo più basate su criteri misti clinico-patogenetici, ha proposto una classificazione basata esclusivamente sui meccanismi patogenetici.

Una prima distinzione fondamentale è quella tra reazioni tossiche e non tossiche (Fig.1); delle prime sono esempi tipici l’intossicazione da funghi, la gastroenterite causata da tossine batteriche contenute in cibi avariati, la cosiddetta reazione sgombroide (reazione allergo-simile che può giungere fino allo shock causata dall’istamina, che si manifesta in caso di ingestione di proteine del pesce, sgombro, tonno, avariate per difetto di conservazione).

Le reazioni non tossiche agli alimenti dipendono dalla suscettibilità’ individuale verso alcuni cibi e vengono a loro volta suddivise in immunomediate e non immunomediate. Il termine di Allergie alimentari viene comunemente utilizzato per le prime mentre le seconde vengono definite come intolleranze alimentari a loro volta meglio caratterizzate secondo il meccanismo che sta alla loro base (Fig.2).

E’ corretto parlare di allergie alimentari, o rispettivamente di allergie agli additivi, soltanto per quelle manifestazioni che si dimostrino sostenute da una reazione di tipo immunologico, attraverso la formazione di anticorpi allergene specifici in soggetti geneticamente predisposti. Di ciò è esempio scolastico l’ipersensibilità verso le proteine del latte (i sintomi vengono scatenati da quantitativi piccoli o medi dell’alimento in questione e l’eliminazione dell’alimento incriminato induce la scomparsa dei sintomi, che ricompaiono alla reintroduzione dell’alimento.)

Dei diversi meccanismi immunologici possibili, oggi vengono riconosciuti come allergici solo quelli mediati dalle IgE. A differenza degli anticorpi IgG e IgG4, che sono presenti anche nelle persone sane, le IgE specifiche vengono caratteristicamente prodotte dal sistema immunitario dei soggetti cosiddetti atopici.

I meccanismi in grado di provocare intolleranza possono essere di natura enzimatica, di tipo farmacologico oppure rimanere sconosciuti. Tra le intolleranze enzimatiche la più frequente e tipica è il deficit di lattasi su base genetica (frequentissima in Sardegna), che si esprime quasi sempre con diarrea a seguito dell’ingestione di latte. Intolleranze entero-enzimatiche acquisite si possono manifestare in conseguenza di diverse malattie dell’intestino e del pancreas.

Le intolleranze farmacologiche si manifestano a causa di un tenore troppo elevato di sostanze attive a livello farmacologico (amine biologiche vaso o psico-attive e liberatori di istamina) presenti in determinati alimenti, specie se consumati abbondantemente.

Epidemiologia

Nei confronti delle manifestazioni respiratorie dell’atopia, che colpiscono il 10-20% della popolazione, le allergie alimentari sono relativamente rare. Occorre comunque considerare anche le diverse categorie di età. E’ logico che l’allergia alle proteine del latte vaccino si manifesti con maggior frequenza nei lattanti e nei bambini piccoli influendo sui dati della prevalenza delle allergie alimentari.

L’esperienza clinica ha rilevato che l’individuo percepisce le reazioni avverse agli alimenti come il principale problema della propria salute, tanto che circa un terzo degli Americani modifica la propria alimentazione nella convinzione di avere una allergia alimentare e anche nel Regno Unito e in Olanda, secondo dati di letteratura, tale comportamento si verifica rispettivamente nel 20 e nel 10% della popolazione.

Le stime dei rapporti europei parlano di una percentuale compresa fra lo 0,3 e il 7,5% nei bambini al di sotto dei due anni di età ma molto spesso si osserva una graduale risoluzione spontanea dell’allergia alimentare dopo il secondo anno di vita, per cui già all’età di 10 anni la frequenza è all’incirca analoga a quella degli adulti e cioè dell’1-2% nella popolazione generale.

Le allergie alimentari dipendono anche dalle abitudini alimentari dei vari paesi, per il maggior consumo di alcuni alimenti (ad esempio, l’allergia al pesce è molto frequente nei Paesi scandinavi, l’allergia alle arachidi negli Stati Uniti, allergia a crostacei e molluschi nei paesi mediterranei, allergia alle lumache in Portogallo, allergia al sedano nella Svizzera tedesca) oltre che dalle abitudini alimentari di ciascun individuo (sono molto più frequenti in soggetti che facciano un consumo eccessivo e protratto di determinati alimenti. In Italia, per quanto riguarda gli allergeni alimentari vegetali che sembrano essere i prevalenti, si riscontrano più frequentemente nell’ordine, allergia alla mela, alla pesca, al kiwi, alle noci, alle arachidi, e per le verdure al pomodoro e al sedano.

Etiologia

Potenzialmente ogni alimento è in grado di indurre di indurre reazioni allergiche ed è costituito da proteine che possono fungere da allergeni. Non tutte le proteine conosciute sono buoni allergeni ed alcuni alimenti che ne contengono rilevanti percentuali (ad esempio manzo) sono raramente implicati nelle patologie allergiche.

Si possono, infatti, distinguere allergeni stabili (più attivi) che meglio resistono alla cottura, come la Beta-lattoglobulina del latte, l’ovoalbumina del bianco d’uovo, gli allergeni del merluzzo e delle arachidi e gli allergeni labili al calore. Esempi di questi ultimi sono gli allergeni vegetali.

Dal punto di vista allergologico gli allergeni alimentari vengono distinti in:

1) allergeni al. completi in grado di indurre una sensibilizzazione IgE-medita, di legarsi alle IgE specifiche e di dar luogo a vere e proprie reazioni IgE-mediate (parvalbumina del pesce e l’ovoalbumina

2)"non sensitizing elicitors"sono in grado di legarsi mediante un fenomeno di cross-reattività a IgE specifiche preformate e di reagire con esse, dando luogo a manifestazioni cliniche (allergeni vegetali che cross-reagiscono con le IgE dei pollini.)

3)"non elicitors" sono in grado di legarsi per cross-reattività a IgE specifiche preformate, senza dar luogo a manifestazioni cliniche IgE-mediate.

Patogenesi (Fig.3)

L’intestino è costantemente esposto a larghe quantità di antigeni solubili e corpuscolati la maggior parte dei quali è di origine alimentare. A ben guardare l’estensione, la varietà e la quantità di alimenti, virus, batteri e altri materiali estranei a cui il tratto intestinale e il tessuto linfoide associato (GALT) sono esposti, è sorprendente che solo una modesta, benché apprezzabile, percentuale della popolazione soffra di allergie e o di intolleranze alimentari. Si calcola che il tratto intestinale durante la vita media di un individuo possa processare svariate tonnellate di alimenti e che nell’arco dell’anno si possa venire a contatto con circa tre chili di additivi. La principale funzione del tratto gastrointestinale è quella di ridurre i cibi ingeriti ad elementi semplici che possono cosi’ essere assorbiti ed utilizzati per la produzione di energia e per la crescita cellulare.

Durante questo processo operano meccanismi sia immunologici dipendenti dal GALT, sia fisiologici atti a bloccare l’ingresso di antigeni estranei attraverso la barriera mucosa gastrointestinale.

Le macromolecole antigeniche passano attraverso l’epitelio intestinale per pinocitosi, per trasporto diretto tra e attraverso le cellule e per assorbimento attivo da parte delle cellule M. Attraverso di esse l’antigene accede alle placche del Peyer. I linfociti qui ubicati vengono stimolati con successivo homing sia diretto epiteliale sia attraverso i linfatici e la circolazione sistemica nella lamina propria. In questa sede secernono immunoglobuline A per neutralizzare l’assorbimento antigenico. Nonostante la barriera gastrointestinale, proteine o frammenti di esse possono raggiungere la circolazione sistemica. Esse vengono comunque inattivate dal S.R.E. e dalle cellule del Kupfer epatiche. Alterazioni della barriera intestinale permettono di raggiungere la circolazione con sufficiente antigenicità da stimolare reazioni clinicamente evidenti, in sedi distanti dal punto di assorbimento.

Per evitare il verificarsi di un assorbimento massivo, cui seguirebbe un’immunizzazione indiscriminata, si sono sviluppati nell’apparato gastroenterico particolari meccanismi alcuni dei quali creano una vera barriera al passaggio delle macromolecole mentre altri regolano la risposta immune se tale barriera viene superata. Uno dei più importanti compiti dell’altamente efficiente sistema mucosale è la protezione delle superfici mucose e la prevenzione delle reazioni avverse immunomediate che possono colpire l’intestino come tale ma, anche l’intero organismo.

L’induzione della tolleranza orale in seguito all’ingestione di cibo, un sistema di down regulation antigene-specifico delle risposte immuni potenzialmente dannose, forma una parte integrante della capacità immunoregolatoria del GALT. Si ipotizza quindi che le reazioni allergiche agli alimenti siano dovute alla carenza della tolleranza orale o dalla mancata induzione della stessa per cui un particolare background genetico a rischio (quale una storia biparentale di atopia), reazioni infiammatorie ricorrenti a livello intestinale che possono interferire con la normale via di presentazione dell’antigene con o senza aumentato assorbimento di molecole proteiche, mancanza dei normali meccanismi di immunoesclusione, generale immaturità del sistema immunitario nei primi mesi di vita, ecc. sono tutti fattori che possono influenzare il meccanismo della tolleranza. I linfociti CD4+ possono essere funzionalmente divisi in base al loro pattern di produzione di citochine in seguito ad attivazione.

I complessi meccanismi immunologici che seguono ad una allergia alimentare sono stati meglio chiariti in pazienti con la dermatite atopica in cui sono ipotizzabili meccanismi analoghi a quelli a quelli presenti nelle reazioni allergiche a livello dell’apparato respiratorio. In pazienti allergici alle arachidi è stato possibile dimostrare la presenza di linfociti circolanti Th2 specifici per l’allergene alimentare. Il fenotipo CD4 e il profilo delle citochine di tipo Th2 dei cloni T linfocitari sensibili all’arachide fanno quindi ritenere che nella fisiopatologia dell’allergia alimentare i linfociti Th2 svolgano il medesimo ruolo che essi svolgono nell’allergia respiratoria. Resta tuttora molto da chiarire, come in molti campi della patologia allergica, intorno alle influenze esercitate in loco dal microambiente e dalle sue modificazioni indotte da molteplici influenze neuro-endocrine.

Nel campo dell’allergia alimentare un’alterazione dei meccanismi della tolleranza orale potrebbe giustificare una maggior frequenza di allergia alimentare nel bambino soprattutto nei primissimi anni di vita quando sicuramente i fattori della barriera intestinale non sono ancora completamente maturi. Il completamento delle strutture deputate alla regolazione dell’immunità, la completata funzione della barriera intestinale spiegherebbero la frequente risoluzione spontanea di allergia alimentare insorta nei primi anni di vita. Si ricorda che il GALT alla nascita non è ancora completamente sviluppato e che una deficienza di cellule contenenti immunoglobuline può essere presente fino all’età di 12 anni. Le IgA sono le immunoglobuline a sviluppo più tardivo e la loro concentrazione mucosale non raggiunge i livelli adulti per molti mesi. L’allergia alimentare può però presentarsi in altre età della vita e verso un numero di allergeni piuttosto vasto, per cui è difficile ritenere responsabili della patologia alterazioni della barriera o alterazioni delle cellule immunocompetenti, e quindi sono stati ipotizzati altri tipi di meccanismi. Potrebbe ad esempio essere importante l’esposizione ad allergeni alimentari dotati di caratteristiche allergeniche particolari, oppure si avrebbe una sensibilizzazione primitiva ad allergeni inalatori. Questo rappresenterebbe il primo evento che condurrebbe alla produzione di IgE specifiche capaci di cross-reagire con omologhi allergeni alimentari a causa della presenza di epitopi comuni. Esempi di possibile sensibilizzazione attraverso questa modalità sono rappresentati dalla pollinosi alla betulla o dall’ipersensibilità a derivati di uccelli che condizionano un’allergia all’uovo. Da questo deriva l’importanza di una approfondita conoscenza degli allergeni alimentari e di quelli presenti anche in altre fonti.

In alcuni casi di allergia alimentare non è sufficiente l’ingestione dell’alimento responsabile perché si produca una sintomatologia clinica, ma occorrono anche altri fattori accessori. E’ il caso, ad esempio, della cosiddetta anafilassi da esercizio fisico postprandiale (FDEIA=Food-Dependent Exesercise-Induced Anaphilaxis), dovuta all’assunzione di determinati cibi (vegetali, crostacei, etc.) ma soltanto in seguito ad esercizio fisico (corsa o altre attività di tipo sportivo) compiuto entro poche ore dal pasto.

Allergeni più comuni.

Sono stati identificati gli allergeni maggiori di molti alimenti sia di origine animale sia vegetale. Sono stati identificati gli allergeni maggiori del latte vaccino, dell’uovo, del merluzzo, del gamberetto, dell’arachide, dei cereali, della soia, della mela, del sedano e del kiwi e di questi alcuni sono stati caratterizzati.

L’allergia alle proteine del latte vaccino costituisce certamente la più frequente di tutte le allergie alimentari. Al di sotto dei 2anni di età interessa il 3-5% di tutti i bambini e in oltre la metà dei casi inizia entro il primo mese di vita o al massimo entro i primi 2-3 mesi; in seguito poi le manifestazioni si riducono fino a scomparire in quasi tutti i bambini all’età di 10 anni; rara, ma non trascurabile negli adulti. Il latte può dare origine anche a reazioni molto gravi, persino tramite l’inalazione di latte in polvere e può essere presente in molte preparazioni.

Anche l’allergia all’uovo, soprattutto all’albume d’uovo è una delle forme di allergia più frequenti nel bambino, inizia dopo i sei mesi e tende ad attenuarsi col passare degli anni; è rara negli adulti

L’allergia al pesce , soprattutto al merluzzo, è particolarmente frequente nei paesi scandinavi e nordeuropei, dove maggiore è il consumo. L’allergia può manifestarsi nei confronti di qualsiasi specie ittica o solo per particolari specie di pesci. Le manifestazioni cliniche riguardano soprattutto l’apparato respiratorio; rari i casi di shock anafilattico; molto rari i casi di natura professionale di sindromi asmatiche da inalazione di particelle di pesce aerodisperse. Talvolta le manifestazioni cliniche sono dovute alla presenza nel pesce di un nematode dell’ordine degli ascaridi, l’Anisakis simplex, che parassita numerosi pesci di mare e cefalopodi. Talora può trattarsi di reazioni di tipo tossico o pseudoallergiche, in quanto molti pesci contengono sostanze che provocano liberazione di istamina o contengono essi stessi elevate quantità di istamina. Le stesse considerazioni valgono per i crostacei , soprattutto gamberi e granchi.

Rare sono le reazioni ai molluschi. Di particolare interesse sono le reazioni ad alcune specie di chiocciole di terra, impropriamente dette "lumache", perché si manifestano di preferenza in soggetti allergici ai dermatofagoidi.

Tra le carni animali, la carne di maiale è certamente quella più allergizzante, talora può essere contaminata da penicillina.

Tra le verdure, il sedano rappresenta uno degli alimenti più frequentemente responsabili di allergia alimentare, ma sono stati descritti casi di reazioni con tutti i componenti delle famiglie vegetali talora per la cross-reattivita che queste hanno con le varie famiglie di pollini. vedi lucido.

Tra i frutti la mela è indicata dalle statistiche come quello più spesso responsabile di allergia alimentare, seguito da pesca, pera, prugna, albicocca e ciliegie, soprattutto nei pazienti con pollinosi da betulla o da Composite. Frequente da qualche anno l’allergia al kiwi.

L’allergia alimentare alle arachidi è la più importante per frequenza tra i bambini americani. Sono state osservate reazioni gravi, talora shock anafilattico.

Tra i cereali, la farina di frumento solo eccezionalmente provoca manifestazioni di allergia alimentare.

Tra i legumi la soia, usata un tempo per alimentazione prevalentemente animale alle nostre latitudini, sta diventando via via più importante da quando il suo consumo si è esteso ed è diventata parte integrante di alimenti i più svariati per le notevoli qualità nutrizionali che possiede. Essa è un potente sensibilizzante anche dal punto di vista inalatorio, causa gravi epidemie di asma nel 1985 a Barcellona e nel 1993 a Napoli

Tra gli additivi alimentari soltanto il rosso carminio di largo impiego nell’industria alimentare (aperitivi, gelati, ecc), cosmetica e farmaceutica, ha potere allergenico, mentre i restanti additivi danno luogo solo a reazioni pseudoallergiche.

Quadri clinici (Fig.4)

Gli alimenti, stimolando la produzione di IgE specifiche verso antigeni proteici determinano la comparsa di manifestazioni cliniche polimorfe che coinvolgono diversi organi. Le reazioni più frequenti coinvolgono il cavo orale e il canale digestivo in genere, ma possono verificarsi sintomi anche a carico di altri organi bersaglio come la cute e o l’apparato respiratorio. La conseguenza più temibile dell’allergia alimentare è l’anafilassi che in alcuni casi può essere scatenata anche da quantità minime di alimento.

LA SINDROME ORALE ALLERGICA- E’ caratterizzata da sintomi che interessano prevalentemente il cavo orale, in associazione o meno a sintomi in altri distretti che insorgono entro pochi minuti o al massimo entro un’ora dal contatto orale con il cibo cui il soggetto è sensibile rappresentati essenzialmente da prurito e pizzicore oro-faringei con comparsa di papule /vescicole della mucosa e edema labiale. Se il paziente ingerisce l’alimento, a dispetto delle reazioni locali possono comparire da contatto con la mucosa gastrointestinale quali diarrea e vomito o reazioni sistemiche che vanno dall’orticaria all’edema della glottide. Tutti gli alimenti possono provocare questa sindrome , tuttavia più frequentemente essa si verifica con frutta e verdure crude. Nella maggior parte dei pazienti è presente un quadro di pollinosi e particolarmente di pollinosi alla betulla.

REAZIONI CUTANEE- La pelle è uno degli organi più frequentemente coinvolti nelle reazioni IgE mediate da alimenti e l’ingestione dell’alimento può rapidamente condurre alla comparsa dei sintomi cutanei o aggravare condizioni croniche. E’ certo che orticaria acuta e angioedema siano tra i sintomi più comuni delle reazioni da alimenti. Gli alimenti maggiormente responsabili nell’adulto sono ritenuti i pesci, molluschi, frutta secca in generale e arachidi e nei bambini anche latte e uova.

(Fig.5)

La dermatite atopica riveste particolare interesse per la notevole diffusione tra i bambini piccoli, per i quadri anche seri di eczema che può presentare, per il grado di allergizzazione alimentare che sempre più frequentemente è dimostrabile in questi bambini (livelli elevati di IgE totali e specifiche a vari allergeni). Questa patologia è notevolmente in aumento, colpisce più frequentemente soggetti di sesso femminile , persiste in oltre il 10% circa dei casi anche dopo la pubertà e si accompagna ad asma bronchiale in oltre il 20% dei casi.

La sintomatologia può essere scatenata alla prima ingestione di un alimento specifico assunto dalla madre durante la gravidanza per l’effettiva possibilità di sensibilizzazione durante la vita fetale o può essere scatenata attraverso il latte materno dall’assunzione di alimenti a cui il piccolo allattato al seno è allergico. Si ricorda che il sistema immunitario fetale è competente, sa produrre IgE a partire dalla 11% settimana di gestazione ed è dimostrata dal riscontro nel sangue del cordone ombelicale di IgE specifiche assenti nella madre. Il neonato è in grado non solo di produrre IgE specifiche ma anche di fissarle ai mastociti, creando le condizioni necessarie per una risposta di ipersensibilità di tipo I; già entro il39° giorno di vita il 100% dei neonati presenta IgE legate ai mastociti. E’ stato dimostrato che la produzione di IgE specifiche per alimenti precederebbe quella di regine per inalanti che solo occasionalmente sarebbero sintetizzate prima del 2° anno di vita. Il riscontro di eczema atopico in bambini sempre più grandi, in giovani ed in giovani adulti è attualmente un reperto frequente nella pratica allergologica. Dal punto di vista patogenetico, la dermatite atopica presenta aspetti peculiari di reazione immediata e di reazione tardiva, con dimostrazione immunoistochimica di infiltrazione cellulare di linfociti, mastociti e cellule di Langherans. La cute potrebbe così rappresentare una finestra nella patogenesi delle malattie allergiche croniche, con una risposta immediata dovuta ad attivazione mastocitaria e liberazione di mediatori e di citochine ed una fase tardiva. Per tali ragioni si ipotizza che la DA sia un disordine allergico paragonabile all’asma. Entrambe hanno in comune l’infiltrazione locale di T linfociti di tipo th2 in risposta all’allergene, una risposta di tipo IgE specifica al contatto con l’allergene, lo sviluppo di una flogosi cronica tissutale locale e la presenza di iperreattività organo-specifica dovuta probabilmente alla sottostante infiammazione tissutale. Caratteristiche riassunte nel lucido.

MANIFESTAZIONI RESPIRATORIE. Non sono frequenti e comprendono rinite (talora associata a congiuntivite, sinusite e otite media sierosa) o da asma bronchiale. L’asma da alimenti può essere causata da meccanismi immunologici ed extra immunologici e l’allergia IgE mediata è meno comune dell’intolleranza come causa scatenante di asma. La maggior parte dei casi di asma indotta da cibo, possono essere osservati nella prima infanzia e possono quindi essere spesso dovuti all’allergia al latte, anche se paiono in aumento i casi di bambini allergici all’uovo, farina ed arachidi. L’asma può presentarsi anche inseguito all’inalazione di alcuni alimenti come farina, soia, spezie, bianco d’uovo e crostacei. Tale patologia può configurarsi come asma professionale nei pazienti addetti a queste lavorazioni. Nei soggetti sensibilizzati l’inalazione dei vapori di cottura di legumi, pesce e crostacei può dare origine a sintomi asmatici.

ALLERGIA GASTROINTESTINALE. Il tratto GI per varie ragioni, sembra rappresentare un luogo di elezione per le reazioni allergiche: in primo luogo il tratto GI costituisce una delle più vaste superfici dell’organismo (circa 44 m quadri), ed è stimolato quotidianamente da migliaia di antigeni esogeni quali proteine , additivi alimentari come pure pollini ed altri agenti inalanti deglutiti inconsciamente. La mucosa intestinale è però dotata di un esteso sistema immunitario (GALT), che comprende circa i due terzi di tutti i linfociti e contiene importanti cellule effettrici della flogosi allergica, che peraltro si trovano fisiologicamente nel tratto gastroenterico normale. Si può sospettare un’allergia gastrointestinale in presenza di vomito, dolore addominale, meteorismo, diarrea, malassorbimento, sanguinamento intestinale occulto, enteropatia proteinodisperdente.

ANAFILASSI- E’ una reazione sistemica grave, un’emergenza medica in cui le manifestazioni cliniche possono avere un esito fatale senza un trattamento tempestivo e urgente.

Una particolare forma di anafilassi è quella scatenata dallo sforzo fisico a differenti livelli preceduto dall’ingestione di cibo a cui il paziente risulta allergico, alimento che senza il successivo sforzo non provoca reazioni.

 

Diagnosi di allergia alimentare

Negli ultimi anni molte società allergologiche hanno redatto opportune linee guida per effettuare la diagnosi di allergia alimentare, diagnosi che è basata sulla storia , l’esame obiettivo, i test allergologici in vivo ed in vitro, le diete di eliminazione e lo scatenamento in doppio cieco controllato contro placebo.

Un’anamnesi ben condotta fornisce elementi di sospetto altamente indicativi in alcuni casi, ad esempio nella sindrome orale allergica, che si verifica entro pochi minuti dall’assunzione di un alimento, mentre in molti altri casi, soprattutto quando vi sia un lungo intervallo di tempo tra l’assunzione dell’alimento e le manifestazioni cliniche, i dati ricavati dall’anamnesi risultano assai scarsi e ben poco significativi.

I test cutanei continuano ad essere il test di scelta per dimostrare la sensibilizzazione ad un dato cibo. Per quanto riguarda gli allergeni alimentari in commercio il problema è che questi non sono standardizzati e quindi si possono avere ampie variazioni tra prodotti di ditte diverse od anche tra lotto e lotto di stesse ditte Per tale ragione spesso è preferibile usare la tecnica del prick by prick che consiste nel pungere con la solita lancetta prima l’alimento in questione e quindi la cute del paziente. Questa tecnica è più sensibile e riproducibile e inoltre permette di testare alimenti non presenti tra i diagnostici, anche se pone evidenti limiti di praticità.

Gli studi sull’accuratezza predittiva positiva e negativa degli SPT agli alimenti hanno evidenziato una buona utilità per vari allergeni tra cui uovo, latte, nocciola e soia. Inoltre l’accuratezza predittiva negativa, eccetto per la soia , è del 100%.

Il dosaggio delle IgE specifiche sieriche completa o sostituisce gli SPT, con cui condivide i limiti diagnostici della difficoltà di avere a disposizione degli allergeni standardizzati. Inoltre il RAST può dare dei falsi positivi per la cross-reattività tra alimenti o per quella tra alimenti e pollini.

(Fig.6)

I challenge test orali consistono nella somministrazione per os dell’alimento/addittivo sospettato. Sono particolarmente utili per definire il ruolo patogenetico di una sostanza (proteina alimentare o additivo) quando gli altri test disponibili sono negativi o poco significativi oppure nel caso di polisensibilizzazioni, per stabilire che cosa è veramente causale nel determinismo dei sintomi. Test potenzialmente molto pericolosi, difficili da interpretare ed eseguire e non danno informazioni sul meccanismo patogenetico delle reazioni: sono comunque gli unici in grado di diagnosticare con certezza una allergia/intolleranza alimentare.

Le diete di eliminazione sono utilizzate per ridurre o abolire i sintomi in soggetti con sintomatologia cronica: sono ritenute efficaci se riducono i sintomi almeno dell’80%, spesso tuttavia i pazienti sono sottoposti a restrizioni dietetiche sproporzionate alla loro necessità. Una dieta di eliminazione deve essere mirata il più possibile vagliando attentamente i dati anamnestici e l’esito dei primi test cutanei od in vitro.

Generalmente la dieta di eliminazione va protratta per almeno 2-3 settimana. Durante il periodo della dieta è fondamentale tenere un diario sintomatologico che va adeguatamente valutato. La reintroduzione degli alimenti sospetti va eseguita con gradualità, possibilmente uno alla volta o a gruppi in modo da giungere all’identificazione dell’alimento responsabile.

Qualora si sospetti il ruolo di allergeni alimentari agenti per contatto, come in alcune forme di orticaria da contato vanno eseguiti i test epicutanei.

(Fig.7)

Terapia

Terapia dietetica

La terapia dell’allergia alimentare comporta l’adozione di diete di eliminazione mirate, basate su una corretta diagnosi in vivo e in vitro e cioè la completa esclusione dell’alimento/i responsabili dello scatenamento della sintomatologia. In effetti l’unico trattamento universalmente accettato per le allergie alimentari consiste nell’evitare il cibo scatenante, previa educazione del paziente (e dei suoi familiari) e attenta considerazione delle fonti occulte di alimenti.

L’eliminazione del cibo scatenante dovrebbe condurre alla scomparsa delle manifestazioni cliniche. Se non si verifica un netto miglioramento nell’arco di 10 giorni o non si determina la remissione totale in un mese, la diagnosi dovrebbe essere nuovamente riconsiderata. Nello stabilire il piano dietetico deve essere inoltre indagata la possibilità di reazioni crociate tra alimenti in causa ed altri, spesso appartenenti alla stessa famiglia botanica, anche se il riscontro diagnostico di cross-reattività spesso non corrisponde alla comparsa di manifestazioni cliniche. Poco si sa sulla durata della dieta di esclusione: in una percentuale significativa di pazienti sia adulti che bambini con allergia alimentare, è stata osservata l comparsa di tolleranza nei confronti dei cibi dopo un periodo adeguato (1 o 2 anni ) di completa esclusione degli stessi dalla dieta. Tale fenomeno sembra dipendere dall’età dei pazienti, dalla gravità della sintomatologia iniziale (maggiore la gravità più lenta la comparsa di tolleranza) e dal tipo di alimento in causa ( la sensibilizzazione verso i semi e le arachidi appare di tipo permanente, poiché comunque la maggioranza dei piccoli bambini possono perdere la loro allergia alimentare, si dovrebbe riconsiderare la diagnosi ogni anno; se il paziente ha tollerato senza problemi un’ingestione accidentale dell’alimento, allora questo potrà essere consumato tranquillamente in futuro. Viceversa se questo non è avvenuto la diminuzione del pomfo e la scomparsa di IgE specifiche staranno ad indicare un viraggio verso la tolleranza.

Terapia medica

Se gli allergeni in causa sono pochi o scarsamente rappresentati, la razionalità dell’evitare l’esposizione consente un adeguato risultato in termini di costo/beneficio; l’esperienza però ci insegna che spesso il paziente preferisce "peccare" con tutte le conseguenze in termini di comparsa di sintomi.

Dal punto di vista sintomatologico vanno attuate tutte le terapie necessarie a seconda del quadro clinico determinato dall’alimento, tra cui, gli antiistaminici, ricoprono un ruolo estremamente importante nel prurito e nella sindrome orticaria angioedema non grave.

Dal punto di vista preventivo i farmaci a disposizione non sono molti. Il disodiocromoglicato per via orale è una terapia costosa e dovrebbe essere presa in considerazione soltanto in quei pazienti con documentata allergia alimentare multipla in cui la dieta di esclusione è complessa o impossibile. L’immunoterapia specifica non è un metodo generalmente accettato nel trattamento dell’allergia alimentare.

  

EPIDEMIOLOGIA

Le allergie alimentari sono relativamente rare.

L’incidenza varia con le diverse categorie di età

Nei bambini al di sotto dei due anni di età l’incidenza è tra lo 0,3 e il 7,5%

Negli adulti l’incidenza è calcolata dell’1-2%

Le allergie alimentari dipendono anche dalle abitudini alimentari dei vari paesi in cui si diffondono

 

 

Etiologia

Si possono distinguere allergeni stabili (più attivi) che meglio resistono alla cottura, come la Beta-lattoglobulina del latte, l’ovoalbumina del bianco d’uovo, gli allergeni del merluzzo e delle arachidi e gli allergeni labili al calore. Esempi di questi ultimi sono gli allergeni vegetali.

Dal punto di vista allergologico gli allergeni alimentari vengono distinti in:

1) allergeni alimentari completi

2)"non sensitizing elicitors"

3)"non elicitors"

 

 

Allergeni più comuni.

Proteine del latte vaccino (la più frequente)

Uovo, soprattutto albume, una delle più frequenti nel bambino, inizia dopo i 6 mesi e tende ad attenuarsi col passare degli anni; rara negli adulti

Pesce , soprattutto merluzzo, frequente nei paesi scandinavi e nord-europei, dove maggiore è il consumo. L’allergia può manifestarsi nei confronti di qualsiasi specie ittica o solo per particolari specie di pesci.

Frequente per crostacei , soprattutto gamberi e granchi.

Rare sono le reazioni ai molluschi.

Tra le carni animali, la carne di maiale è certamente quella più allergenica.

Verdure: sedano è il più frequente, ma sono descritti casi di reazioni con tutti i componenti delle famiglie vegetali, talora per la cross-reattività che queste hanno con le varie famiglie di pollini.

Frutti: mela, pesca, pera, prugna,albicocca e ciliegie, soprattutto nei pazienti con pollinosi da betulla o da Composite. Frequente l’allergia al kiwi.

L’allergia alimentare alle arachidi è la più importante per frequenza tra i bambini americani. Sono state osservate reazioni gravi, talora shock anafilattico.

Cereali: farina di frumento solo eccezionalmente

Legumi: soia, usata un tempo per alimentazione prevalentemente animale alle nostre latitudini, sta diventando via via più importante.

Additivi alimentari: soltanto il rosso carminio, di largo impiego nell’industria alimentare (aperitivi, gelati, ecc), cosmetica e farmaceutica, ha potere allergenico, mentre i restanti additivi danno luogo solo a PAR.

  

Quadri clinici

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Terapia

Terapia dietetica

Terapia farmacologica