- BRONCHITE CRONICA -

Breve storia della malatti

La definizione di bronchite cronica risale precisamente al 1958, quando si precisarono anche le definizioni di asma (malattia infiammatoria del naso, dei seni paranasali, dei bronchi o dei polmoni) e di enfisema (danno ai bronchioli terminali che altera l’acino polmonare e i suoi componenti). Per bronchite cronica si indica una condizione caratterizzata da tosse ed eccessiva secrezione mucosa dell’albero bronchiale per almeno tre mesi all’anno per un periodo di due anni consecutivi. Devono essere escluse, però, altre malattie suppurative croniche endobronchiali (come le bronchiectasie).
Successivamente, alla definizione di bronchite cronica è stato inserito il concetto di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Tale condizione comprende sia la bronchite cronica, sia l’enfisema; inoltre può indicare una forma morbosa il cui tratto fondamentale è un’ostruzione bronchiale irreversibile e progressiva, che nella fase iniziale può manifestare una iperresponsività ai test di provocazione, come avviene con l’asma.

Numero dei malati

Negli Stati Uniti la bronchite cronica è la quarta o quinta causa di morte più comune nelle persone adulte di sesso maschile; le persone che soffrono di broncopneumopatie croniche sono circa 14 milioni, soprattutto uomini. Nel 1990 il costo sociale complessivo relativo alla malattia (comprese le perdite di produttività per i giorni persi di lavoro) è stato di
20 milioni di dollari, mentre nel 1995 le spese dirette per le cure dei malati sono arrivate a quasi due miliardi di dollari (1.6 milardi di $). 
In Italia le persone colpite dalla malattia sono più di due milioni; tra i 50 e i 70 anni una persona su cinque è affetta da bronchite cronica e dopo i 70 anni le percentuali di malati aumentano considerevolmente.
Negli uomini il tasso di mortalità per bronchite cronica è di 45 persone ogni centomila abitanti, mentre nelle donne il tasso è di 18 pazienti ogni centomila abitanti.
Da circa 20 anni, però, la mortalità dovuta alla malattia si è stabilizzata, nonostante continui ad essere estremamente diffuso il fumo di sigaretta (la principale causa di bronchite cronica). Questo, dal punto di vista economico, porta nel mondo ad una perdita di circa 10 milioni di giornate lavorative e di circa 20 milioni di visite mediche all’anno, con costi che ammontano a più di sette mila miliardi di lire all’anno.

 

Come si manifesta (sintomi)

Si parla di bronchite cronica quando il paziente ha tosse (con o senza catarro) per almeno tre mesi consecutivi da oltre due anni, escludendo naturalmente altre malattie croniche delle vie aeree (come la tubercolosi che può dare una sintomatologia per molti versi analoga alla bronchite cronica). La tosse cronica, in genere, peggiora nella mattinata o quando la stagione è umida e fredda ed è spesso accompagnata da catarro più o meno purulento. 
La febbre, nella maggior parte dei casi, è assente. Notevoli sono invece i sintomi respiratori: la respirazione risulta difficile e il problema aumenta durante uno sforzo, tanto che spesso le capacità lavorative del paziente si riducono notevolmente. Questo a causa della riduzione dell’ampiezza del lume dei bronchi (la via di passaggio dell’aria) sia per la presenza in esso di abbondanti secrezioni mucose e di sangue, sia per l’aumento di spessore della parete bronchiale. Questa, inoltre, presenta un’elasticità ridotta poiché le fibre elastiche che la costituiscono si sono in parte trasformate in fibre connettivali rigide, impedendo loro le normali variazioni di calibro durante l’atto respiratorio. Tutto questo ha come conseguenza una maggiore resistenza opposta dai polmoni ai movimenti respiratori. 
Chi soffre di bronchite cronica, inoltre, durante uno sforzo muscolare (che richiede un aumento dell’ossigenazione dei tessuti), può veder comparire la dispnea, ossia una respirazione molto faticosa e comunque insufficiente. Ciò è dovuto al fatto che il paziente cerca di aumentare le proprie capacità respiratorie nel tentativo di compensare la scarsa ossigenazione del sangue a livello polmonare.
Spesso i pazienti vengono suddivisi in due classi, a seconda dei sintomi prevalentemente accusati. Vi sono, così, i soggetti “pink puffers” e i soggetti “blue-bloaters”. 
Il primo gruppo è caratterizzato da pazienti meno gravi con una ipossiemia modesta. Fisicamente appaiono, in genere, magri, astenici (persone con profondo senso di stanchezza e debolezza a livello fisico e mentale) e di colorito normale, a volte persino roseo.
Il secondo gruppo è caratterizzato da pazienti con una ipossiemia più severa. In genere sono persone in sovrappeso e cianotiche, che hanno avuto in passato più di una bronchite.

 

Le cause della malattia

Le cause della bronchite cronica non sono state ancora completamente chiarite; sono stati però sicuramente individuati tre importanti fattori che, se non direttamente causali, sicuramente favoriscono la comparsa della malattia: il fumo di sigaretta, l’inquinamento atmosferico e le infezioni delle vie respiratorie.


IL FUMO DI SIGARETTA

Il fumo di sigaretta è sicuramente la causa principale della bronchite cronica. Nonostante questo, però, il numero dei fumatori è estremamente elevato, soprattutto tra le donne.
Nel mondo esistono circa 1 miliardo e 100 milioni di fumatori. Ogni anno vengono fumate 6 mila miliardi di sigarette e, in media, ogni fumatore consuma circa 6.5 kg /anno di tabacco. 
Le sigarette irritano notevolmente le vie aeree; esse, infatti, contengono diverse sostanze tossiche, fenoli, anidride solforosa, ossido di azoto, ammoniaca e altro che danneggiano l’epitelio polmonare (rivestimento cellulare), limitando la sua funzione protettiva. Si ha, così, un aumento di produzione di muco a livello delle cellule dell’albero bronchiale.


L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Una sostanza è definita “inquinante” quando può danneggiare una funzione dell’organismo o può determinare l’inizio di una serie di eventi che porta ad una alterazione funzionale.
I gas, i vapori, l’ammoniaca, l’acetone, gli acidi acetico, cloridrico, fluoridrico, i fumi metallici, l’idrogeno solforato e l’anidride solforosa sono responsabili delle alterazioni del sistema broncopolmonare. In particolare, il principale responsabile delle infezioni alle vie aeree è un prodotto di ossidazione del monossido di azoto atmosferico con l’ossigeno che si crea dalla miscelazione degli idrocarburi incombusti con il biossido di azoto. Questa mistura costituisce lo smog , la cui quantità viene spesso valutata misurando semplicemente la concentrazione di ozono o di ossidanti totali. L’ozono, infatti, irrita notevolmente le vie aeree e favorisce l’insorgenza di broncospasmo. Inoltre, insieme agli ossidi di azoto e di zolfo, l’ozono, una volta inalato dall’uomo, penetra profondamente nell’apparato respiratorio e difficilmente i meccanismi di difesa del nostro organismo riescono a neutralizzarlo. 
In particolare, è stata dimostrata statisticamente l’esistenza di stretti rapporti tra l’aumento della frequenza e della mortalità per bronchite cronica e l’incremento stagionale delle nebbie, dell’anidride solforosa e dello smog nell’atmosfera.
La situazione, poi, si complica se sopravviene un’allergia verso qualche sostanza inalata; i bronchi in questo caso diventano spastici, cioè la loro muscolatura si contrae e l’aria trova ancora più ostacoli a passare e a raggiungere i polmoni.


LE INFEZIONI DELLE VIE RESPIRATORIE

Il paziente affetto da bronchite cronica, con ristagno di muco nei bronchi, è maggiormente predisposto alle infezioni. Queste, a loro volta, possono aumentare l’ostruzione delle vie respiratorie, dando origine all’enfisema polmonare che crea un ulteriore restringimento dei bronchi. L’enfisema inoltre porta ad una progressiva distruzione delle pareti interne agli alveoli e di quelle poste tra un alveolo e l’altro, ostacolando la corretta ossigenazione del sangue. 
Le infezioni, spesso, possono anche creare un circolo vizioso. La contrazione dei batteri, infatti, innesca una risposta infiammatoria che mette in moto il nostro sistema immunitario richiamando alcuni elementi cellulari quali macrofagi e neutrofili. Questi, a loro volta, creano citochine, sostanze ossidanti ed enzimi proteolitici che danneggiano ulteriormente la parete bronchiale. E’ stato calcolato che le infezioni batteriche sono la causa di più della metà dei casi di esacerbazione (riacutizzazione della malattia o dei sintomi di essa).
Gli agenti batterici maggiormente coinvolti sono lo Streptococcus pneumoniae, la Moraxella catarrhalis, l’Haemophilus influenzae e, più raramente, lo Stafilococcus aurens e gli Pseudomonas e Proteus. Nel complesso i batteri sono responsabili di circa il 70% delle bronchiti croniche da infezioni delle vie respiratorie. Il restante 30% è attribuibile a patogeni “atipici” come i virus Mycoplasma pneumoniae e Chlamydia pneumoniae.
Oltre a queste tre cause principali, vi sono altri fattori che sembra possano aumentare il rischio di bronchite cronica:

L’attività lavorativa
Vi sono alcuni lavori che possono esporre chi li pratica a danneggiamenti broncopolmonari. Sono a rischio, ad esempio, le persone che lavorano nelle miniere, le persone addette ai trasporti e alla lavorazione dei metalli, del cemento, del legno o della carta.

Il deficit di Alfa 1-antitripsina (AAT)
La mancanza di questo enzima è un fattore endogeno, che non dipende cioè da fattori esterni. Un deficit di alfa 1-antitripsine porta anche alla mancanza dell’inibizione di alcuni enzimi proteolitici e questo crea un aumento del rischio di enfisema. Se il soggetto è anche un fumatore, le percentuali di rischio aumentano ulteriormente. 

Il sesso
È stato verificato che vi è una netta prevalenza di pazienti di sesso maschile, forse legata al vizio del fumo e/o al tipo di professione. Nei soggetti non fumatori (o a parità di abitudine al fumo), infatti, sembra che il rischio tra uomini e donne non sia differente.

La dieta
Sembra che una dieta ricca di vitamina A (retinolo), di vitamina C e di acidi grassi Omega-3 possa proteggere l’organismo dal rischio di bronchite. Gli alimenti ricchi di acido ascorbico (vitamina C) e vitamina E svolgono un’azione antiossidante, contrastando la crescita dei radicali liberi. Gli esperti, così, consigliano un’alimentazione con meno carne e più pesce, con meno grassi saturi (di origine animale) e più monoinsaturi (olio di oliva e di pesce). Sono consigliate, inoltre, le verdure, sia cotte che crude e molta frutta.

 

Come prevenire la malattia

I soggetti a rischio dovrebbero vaccinarsi ogni anno contro l’influenza e, ogni sei anni, contro lo Pneumococco. Il vaccino antinfluenzale, infatti, permette di ridurre sia la gravità dei sintomi influenzali, sia l’incidenza e la durata della malattia. 
Per quanto riguarda il vaccino antipneumococcico, invece, non esistono studi che confermino una riduzione della gravità o della durata delle esacerbazioni nei pazienti con bronchite cronica. E’ stato dimostrato, però, che tale vaccino riduce la frequenza della polmonite pneumococcica. 
Altri accorgimenti riguardano tutte quelle abitudini di vita che, se modificate, possono apportare notevoli benefici a tutto il nostro organismo e al sistema broncopolmonare in particolare:
Smettere di fumare è sicuramente il primo passo da fare se si vuole ridurre il rischio di bronchite cronica. Come è stato già ampiamente spiegato, il fumo è la prima causa della malattia ed è importante smettere di fumare il prima possibile; prima, cioè, di aver provocato nella mucosa bronchiale e/o nel sistema cardiovascolare alterazioni non più reversibili. 
Naturalmente il rischio di andare incontro alla bronchite cronica aumenta in relazione alla durata dell’esposizione al fumo: se si fuma da meno di 20 anni, dopo 5-10 anni dalla cessazione l’entità del rischio può diminuire e può persino paragonarsi a quello dei non fumatori; se si fuma da più di 20 anni, il rischio può diminuire, ma non potrà mai essere identico a quello dei non fumatori.
Altri accorgimenti positivi che i soggetti a rischio dovrebbero seguire sono i seguenti:
evitare l’esposizione ai raffreddori e all’influenza in casa o in pubblico;
evitare il fumo passivo;
evitare le polveri e gli altri agenti inquinanti dell’aria.

 

La diagnosi

La diagnosi di bronchite cronica si basa su tre aspetti fondamentali:

1. L’esame clinico: l’approccio clinico volto a diagnosticare una bronchite cronica non è sicuramente l’unico parametro di riferimento, ma è il primo passo per capire quali siano i sintomi del paziente. In genere, i soggetti affetti da bronchite cronica presentano un aumento della tosse e dell’espettorato, a volte accompagnato da dolore toracico o febbre. Se vi è anche la componente ostruttiva, il paziente può avere dispnea, più o meno lieve. La tosse è cronica ed è presente soprattutto al mattino; può diventare stizzosa quando vi è anche un’infezione virale o batterica. 
Il medico che effettua un esame clinico, inoltre, deve tenere presente i diversi tipi di pazienti che, in base all’aspetto fisico e al quadro sintomatico, vengono distinti in due gruppi: i soggetti “pink-puffers” ed i soggetti “blue-bloaters”. I primi, generalmente, sono magri, astenici, non cianotici e, spesso, persino rosei. Essendo dispnoici, utilizzano molto i muscoli accessori della respirazione. Il secondo gruppo di pazienti è caratterizzato da soggetti generalmente in sovrappeso, cianotici, con alle spalle una storia di ripetute bronchiti.
Non sempre, però, questa distinzione è presente in maniera così marcata; al contrario, spesso i pazienti presentano elementi di entrambi i gruppi, complicando la diagnosi del medico.

2. L’esame radiologico: per diagnosticare una bronchite cronica è sicuramente utile una radiografia del torace al fine di accertare, o escludere, la presenza di neoplasie, di bronchiectasie, di eventuali segni di enfisema o di altri reperti. L’esame radiografico del torace dei malati di bronchite cronica, può evidenziare un arrotondamento del profilo diaframmatico nelle fasi iniziali della malattia ed un appiattimento dello stesso nelle fasi più avanzate. In questo caso, inoltre, è possibile notare anche una maggiore prominenza dell’arteria polmonare. La radiografia del torace, pertanto, è utile soprattutto nei soggetti con BPCO (Broncopneumopatie Cronico Ostruttive) altamente a rischio di sviluppare neoplasie polmonari e, spesso, vittime di episodi tromboembolici polmonari che l’esame radiologico può aiutare ad identificare.

3. L’esame funzionale respiratorio: esaminare la funzionalità ventilatoria è molto importante, poiché permette di quantificare il danno delle vie aeree, in particolare di quelle di piccolo calibro. 
In genere, i pazienti affetti da bronchite cronica presentano una riduzione della capacità vitale forzata (CVF) e del volume espiratorio massimo/secondo (VEMS) a causa dell’accumulo di secrezioni nelle vie aeree, soprattutto di quelle periferiche. La CV (Capacità Vitale) corrisponde alla massima quantità di aria che un soggetto può espirare dopo aver eseguito una inspirazione massimale, cioè partendo dal livello di capacità polmonare totale; la CVF, invece, il massimo volume di aria che può essere espirato mediante una espirazione forzata, cioè più rapida ed energica possibile, partendo dalla posizione di massima inspirazione. Nei soggetti sani la CV calcolata nel tempo è, in genere, inferiore ai 4 secondi; nei bronchitici con ostruzione broncopolmonare, invece, la CV è ridotta di oltre il 30% e si realizza in un tempo superiore a 4 secondi. 
Per quanto riguarda il VEMS, nei soggetti con bronchite cronica presenta una riduzione del 25-75% rispetto ai valori normali; al contrario aumenta il VR (Volume Residuo, cioè il volume di gas che resta nei polmoni alla fine di una massima espirazione) a causa dell’intrappolamento d’aria a livello del bronco-alveolare. Un progressivo aumento del VR indica che è presente, o è in evoluzione, un enfisema polmonare. Tutto questo, a lungo andare, porta ad un’alterazione degli scambi ventilatori e all’insorgenza dell’ insufficienza respiratoria.