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LA
TUBERCOLOSI
Dott.ssa
Francesca Gurnari
La tubercolosi era conosciuta anche in antichità. Tracce
sono state ritrovate su scheletri del neolitico (oltre 4000 anni A.C.). La
malattia era nota in Cina oltre 3000 anni A.C. ed anche in Egitto (1000 A.C.).
In Grecia è citata nelle opere di Galeno e di Ippocrate ed il termine tisi
deriva dal greco jqisiz (consunzione). Risalgono alla Scuola Salernitana (medio
evo) le prime indicazioni igieniche in merito alla malattia ed al XVI secolo
precise cognizioni della sua contagiosità, idea peraltro già citata in passato
da Ippocrate. È soprattutto alla fine del XIX secolo, con la scoperta di Kock
(1882), che inizia l'era della conoscenza scientifica della malattia, superando
altre teorie fino ad allora considerate, che ritenevano la tubercolosi una
malattia ereditaria (Laennec) o neoplastica (Virchow). Sempre nello stesso
periodo Forlanini studia e mette in pratica il primo tentativo di terapia
con il pneumotorace
terapeutico. Il XX secolo è caratterizzato da un grande impegno per la
prevenzione della malattia, attraverso la diagnosi precoce e l'isolamento
e la cura degli infetti. Nel 1927 viene presentato il vaccino BCG (Calmette
e Guérin); nel 1944 si scopre la streptomicina, successivamente l'isoniazide
ed infine nel 1965 la rifampicina. La malattia tubercolare, che nell'ottocento
ha avuto la massima diffusione, tende ormai nei paesi dell'Europa e del Nord
America ad essere considerata un problema sanitario di secondo piano, anche
se i flussi migratori dal terzo mondo e l'infezione da HIV stanno provocando
un ritorno della stessa, che si presenta anche con caratteri nuovi in quanto
associata ad altre patologie. Tuttavia va considerato che nel resto del mondo
la gravità dell'infezione tubercolare rimane altissima: tra gli 8 ed i 10
milioni di nuovi malati all'anno, con 3-4 milioni di morti. In Europa e Nord America la fase di diffusione della tubercolosi
corrisponde all'inizio della rivoluzione industriale (XVIII secolo), quando
si hanno massicci fenomeni di urbanizzazione insieme ad una caduta del livello
igienico delle popolazioni; pertanto tali regioni possiamo considerarle
all'incirca al termine dei 300 anni indicati da Grigg come tempo necessario
per il compiersi del ciclo. In Italia il primo periodo documentabile di
diffusione della malattia (secondo Omodei Zorini), corrisponde agli anni
tra il 1887 ed il 1928, il secondo va dal 1928 al 1947 ed il terzo dal 1947
ad oggi. Dati del 1987 indicano che la mortalità è intorno a 13 persone
per milione. L'età della morte per tubercolosi, è andata spostandosi progressivamente
da 26 anni nel 1900 a 63 nel 1978. L'età media dei soggetti che si ammalano
è stata di 53 anni nel quinquennio 75-79, contro un'età di 43 anni nel quinquennio
61-65 per i maschi. Per le donne l'età media è stata tra il 75-79 di 45
anni, contro i 39 degli anni 61-65. Per quanto riguarda il sesso si è verificato
negli ultimi decenni un progressivo spostamento verso una maggiore incidenza
nel sesso maschile.
Cause e modalità d'infezione Clinica ed evoluzione della malattia tubercolare La primaria nel 90% dei casi può non essere diagnosticata
come tale bensì come febbre influenzale, deperimento organico, tosse secca,
ecc.; si presenta generalmente tra i 16 ed i 18 anni. I caratteri dei singoli
quadri clinico-radiologici dipendono prevalentemente dai seguenti fattori:
È importante sottolineare che oltre il 90% di casi di tubercolosi
polmonare primaria decorre in modo paucisintomatico (febbricole prevalentemente
vespertine, facili sudorazioni, deperimento organico, astenia, tosse secca
insistente e fastidiosa). All'esame radiografico del torace si evidenzia
il focolaio parenchimale e la linfangite con adenopatie ilomediastiniche
omolaterali (infiammazione dei linfonodi).
L'infezione tubercolare e quella da virus HIV (AIDS) determinano
epidemie parallele; infatti l'una favorisce il propagarsi dell'altra; nel
senso che stessi soggetti a rischio per tubercolosi a causa dei deficit immunitari
sono predisposti a contrarre l'infezione da HIV e viceversa. Alcune stime
del 1990 hanno calcolato che circa 3 milioni di soggetti sono infetti sia
da HIV che da tubercolosi, la maggior parte dei quali in Africa sud-Sahariana.
È importante sottolineare che un individuo HIV positivo ha un rischio 100
volte superiore di ammalarsi di tubercolosi e comunque di contrarre altre
patologie infettive in quanto il deficit immunitario, determinato dalla malattia,
permette che tante altre infezioni (polmoniti, micosi, ...) possano essere
acquisite.
Gli esami importanti da effettuare sono:
La tubercolosi deve essere considerata allo stesso modo delle altre malattie
infettive: come queste, anche la tubercolosi diffondendosi in una popolazione
"vergine" ha un suo picco di diffusione, superato il quale il livello d'infezione
declina. A differenza delle comuni malattie infettive, nelle quali questo
avviene in poco tempo, dell'ordine di settimane o mesi, per la tubercolosi
si considera che siano necessari 300 anni perché la malattia completi il suo
ciclo (Grigg). Nell'arco di tale periodo si distinguono tre fasi di diffusione:
La tubercolosi è dovuta al Mycobacterium Tubercolosis, o bacillo di
Kock, che appartiene al genere Mycobacterium, ordine Actynomicetaceae,
classe Schizomycetae. Si tratta di batteri a forma di "bastoncino",
Gram positivi, aerobi, asporigeni, immobili e privi di ciglia. Caratteristica
è l'acido resistenza, che viene sfruttata nella colorazione di Ziehl-Neelsen.
La velocità di riproduzione, che avviene per scissione, è particolarmente
lenta, essendo di 14-20 ore. I micobatteri vengono suddivisi in 4 gruppi secondo
la classificazione di Runyon.
La via d'infezione più comune è quella aerogena: i micobatteri
emessi per lo più con la tosse e la fonazione, passano dall'ambiente al soggetto
sano, depositandosi a livello degli alveoli, nelle parti più aerate del polmone,
e dando luogo al complesso primario (malattia visibile alla radiografia del
torace). Nell'espettorato emesso all'esterno i micobatteri possono sopravvivere
per diverse ore.
È possibile contrarre la malattia tubercolare per altre vie meno frequenti:
In base alle risposte immunitarie dell'ospite colpito dal bacillo tubercolare
distinguiamo due forme di tubercolosi (TBC):
La linfangite è quella a più rapida risoluzione, infatti scompare dopo 2
o 3 settimane; il focolaio parenchimale dopo 30 giorni circa mentre le adenopatie
possono persistere per alcuni mesi e sono quelle che evolvono costantemente
in formazioni calcifiche. Sono infatti queste che costituiscono le "spie
radiologiche" della prima infezione specifica del polmone.
La tubercolosi post-primaria si verifica invece nei soggetti nei quali si
è già avuto in precedenza un contatto con il bacillo tubercolare. Infatti
origina dalla riattivazione indogena dei bacilli sopravvissuti all'interno
delle lesioni calcifiche della TBC primaria. Affinchè si verifichi è necessario
un indebolimento del sistema immunitario atto al controllo della prevenzione
di questa eventualità. Questo tipo di infezione si verifica per via ematica;
può colpire altri distretti oppure lo stesso polmone e, in tal caso, dare
origine a TBC nodulare apicale, infiltrato tisiogeno precoce sottoclaveare,
con formazione di caverne cui possono conseguire emottisi, lobite tubercolare
e tubercolosi pleurica ... In casi al giorno d'oggi più rari possono aversi
forme così dette "miliariche" (acute e croniche) alle quali consegue spesso
insufficienza respiratoria grave.
Abbastanza frequenti sono i versamenti pleurici; infatti in soggetti giovani
è la presenza di versamento pleurico la "spia radiologica" di una infezione
tubercolare
I maggiori paesi a rischio per associazione TBC-HIV sono l'Uganda, il Senegal,
lo Zambia, la Costa d'Avorio (oltre il 40% dei malati).