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DILATARE O NON DILATARE ?

Esistono degli stratagemmi per osservare la retina senza dilatare la pupilla. Se invece risulta necessario utilizzare dei colliri midriatici diremo come operare nelle condizioni di massima sicurezza, e soprattutto come evitare di scatenare un attacco di glaucoma acuto.

 

Una pupilla troppo serrata può costituire la causa principale di insuccesso dell’ispezione oftalmoscopica del fundus oculi.

E’ questo il motivo per cui qualche clinico dilata indiscriminatamente, per ogni paziente, la pupilla ogni volta che intende valutare la retinopatia ipertensiva.

Sarà bene evitare tale tipo di approccio, e soffermarsi su un’attenta analisi di tutti i vantaggi e svantaggi dell’esame del fundus oculi effettuato con o senza dilatazione pupillare ottenuta grazie ai colliri midriatici.

L’osservazione della retina effettuata senza dilatare presenta i seguenti vantaggi:

 

1) non si costringe il paziente al fastidio dell’instillazione di gocce di collirio;

2) non si lascia il paziente in condizioni di cicloplegia nelle ore successive all’esame; la cicloplegia viene percepita dal paziente come "fastidio alla luce" e "visione sfocata": utilizzando un esempio pratico questo può voler dire che un paziente recatosi alla visita con l’auto non è più in condizione di guidare per almeno un paio d’ore.

D’altro canto, quando l’oftalmoscopia viene effettuata senza dilatare, si avranno i seguenti vantaggi:

 

1) l’osservazione della retina effettuata attraverso un piccolo foro pupillare è generalmente un pò più lunga e laboriosa che in midriasi. Usando un semplice paragone è come osservare un affresco sulla parete di una grande sala sbirciando dal buco della serratura invece che dalla porta aperta. Ciò non toglie che sia egualmente possibile, con un pò di pazienza ed un pò di tempo in più, effettuare un esame completo ed accurato.

Bisogna anche ricordare che il tempo totale per effettuare l’esame senza dilatare non è superiore al tempo dell’esame effettuato in midriasi, giacchè non sarà necessario attendere che il collirio faccia effetto (10-15 minuti).

Anche se la dilatazione pupillare ottenuta con l’instillazione di colliri midriatici offre il grande vantaggio di poter osservare agevolmente e nitidamente la retina, per tale metodica vanno segnalati i seguenti svantaggi:

 

1) rende il paziente incapace di mettere a fuoco nelle successive 2-3 ore; non è quindi in grado di guidare l’auto, leggere ecc.;

2) può aumentare la pressione endoculare in pazienti portatori consapevoli od inconsapevoli di glaucoma cronico;

3) il rischio maggiore è la possibilità di scatenare, in un soggetto con angolo camerulare chiuso, un pericoloso attacco di glaucoma acuto. I soggetti con questa predisposizione sono spesso giovani, non hanno avuto alcuna precedente manifestazione di tale patologia, ed all’esame la loro pressione endoculare si presenta nei limiti della norma. Il fatto essenziale è che gli attacchi acuti gravi non si risolvono da soli e sono molto dannosi per l’occhio.

Ogni ora, se non ogni minuto, di questa situazione provoca una notevole quantità di danni gravi in molte strutture oculari. Questi attacchi, pur rappresentando un evento rarissimo (circa un soggetto su mille ha questa predisposizione occulta) rappresentano una vera urgenza oculistica e dovrebbero essere trattati al più presto.

La possibilità di scatenare un attacco di glaucoma acuta rappresenta un grande deterrente, ed è probabilmente il motivo principale per cui la maggior parte dei cardiologi e dei medici internisti non effettua l’oftalmoscopia.

Il nostro consiglio è quindi quello di cercare sempre di effettuare l’oftalmoscopia senza midriasi. Per questo daremo tutta una serie di consigli per ovviare agli inconvenienti ed alle difficoltà di tale manovra, in modo da riuscire a valutare il fundus oculi anche in presenza di una pupilla non dilatata.

Soltanto in quei casi per cui ciò non fosse possibile andrà effettuata la dilatazione pupillare con colliri midriatici. Anche in questo caso definiremo tutte le misure e le condizioni di massima sicurezza.

 

Come osservare la retina senza utilizzare colliri midriatici

 

Per ottenere la massima dilatazione pupillare bisogna che l’esame sia effettuato in ambiente non luminoso (al buio, od in penombra), che il paziente sia tranquillo e rilassato (vedi tabella 1).

Tabella 1

TRUCCHI PER OSSERVARE LA RETINA SENZA UTILIZZARE COLLIRI MIDRIATICI

Far rilassare il paziente

Eseguire l’esame in ambiente non luminoso (meglio se quasi buio)

Chiedere al paziente di fissare un punto lontano

Utilizzare un oftalmoscopio che dia una fioca illuminazione

Evitare di dirigere il fascio di luce sulla macula del paziente. Questo scatena la miosi. Cominciare l’osservazione dalla papilla e dai vasi della metà nasale.

Non fare stancare il paziente. Lasciandolo riposare per qualche secondo guadagneremo minuti preziosi grazie ad una migliore collaborazione

 

Sarà quindi opportuno avvisare il paziente sui motivi e sui vantaggi dell’esame.

Come già detto bisogna che il paziente sia istruito sulla necessità di fissare durante l’esame un punto lontano. Un sistema per fare ciò in un piccolo locale buio od in penombra consiste nel far guardare al paziente una piccola fonte di luce che provenendo dall’esterno filtra attraverso la tapparella o la serranda (ad esempio un lampione in strada); un’altra possibilità consiste nel far guardare al paziente un LED rosso (cioè la lampada spia che ci segnala che un apparecchio elettrico è in funzione) posto nella stanza ad almeno 4 - 6 metri di distanza. In mancanza di ciò è sufficiente che il paziente mantenga il suo sguardo fisso su un qualsiasi oggetto riconoscibile nel locale in penombra.

Un’altra cosa molto importante è che la sorgente di luce del nostro oftalmoscopio non sia molto intensa.

Infatti quanto più forte è la luce che raggiunge la retina, tanto maggiore è la costrizione pupillare che se ne ha in risposta.

Inoltre poichè a causa del piccolo foro d’osservazione l’esame dovrà durare una certa quantità di tempo bisogna prevedere che con una luce forte l’occhio del paziente comincerà a lacrimare, il paziente si stancherà e chiederà entro breve tempo di interrompere l’indagine.

Esistono degli oftalmoscopi con un dispositivo per la regolazione della luce emessa. Se il modello a nostra disposizione non fosse di questo tipo è possibile diminuire l’intensità della luce emessa con un semplice stratagemma: sarà sufficiente alimentare l’oftalmoscopio sostituendo una od entrambe le batterie elettriche con degli elementi non perfettamente carichi. In questo modo potremo facilmente constatare che un fascio di luce un po’ più fievole, pur lasciandoci ancora la possibilità di osservare chiaramente il fondo oculare, non causa una miosi così intensa.

Un altro sistema per provocare una pupillocostrizione meno intensa consiste nell’evitare, almeno all’inizio dell’esame, di illuminare certe zone della retina che se stimolate provocano un’intensa pupillocostrizione. In particolare la macula è la zona che se stimolata provoca la miosi più intensa. E’ quindi opportuno cominciare l’esame mandando il fascio di luce non sulla macula ma più medialmente, cioè sulla papilla.

La papilla può essere trovata seguendo a ritroso il decorso dei vasi, cioè nella direzione in cui il loro diametro diviene più ampio.

Conviene a questo punto proseguire l’esame osservando attentamente la metà nasale della retina, il colore e la consistenza del manto retinico, il decorso dei vasi nasali superiori ed inferiori, valutando il rapporto fra i diametri arteriosi e venosi, e cercando la presenza di eventuali alterazioni agli incroci artero-venosi, di essudati, di emorragie e di aneurismi.

A questo punto si può proseguire con l’emiretina temporale, effettuando le stesse osservazioni lungo il decorso dei vasi temporali superiori ed inferiori.

Solo da ultimo va osservata la zona maculare che può essere sede di emorragie, essudati, aneurismi capillari e di fenomeni di degenerazione maculare senile.

Poichè l’esame può durare dai tre ai sei minuti per occhio sarà bene preoccuparsi di non affaticare troppo il paziente. Talvolta è meglio interrompere l’esame per 10 - 20 secondi e lasciare al paziente il tempo di prendere aria e di riposare gli occhi piuttosto che andare avanti forzatamente ottenendo soltanto una scarsa collaborazione da parte del paziente e rischiando di non portare a termine l’esame perchè la luce lo infastidisce.

Sia che l’esame sia effettuato in midriasi che in miosi, bisogna sempre dire al paziente che durante l’osservazione può battere le palpebre ma non deve assolutamente smettere di fissare lo stesso punto. Se il paziente comincia a fissare un altro punto il medico se ne accorge subito, perchè si ritrova improvvisamente ad osservare una diversa zona della retina. Se il paziente comincia a fissare un oggetto vicino, come ad esempio il capo dell’osservatore, il medico improvvisamente non vedrà più la retina a fuoco.

  

Utilizzazione dei colliri midriatici

 

Una pupilla dilatata ci consentirà certamente una migliore, più rapida e chiara visualizzazione del fondo oculare.

Diventa però essenziale, prima di attuare questa manovra, chiarire una serie di punti che ci consentiranno, anche in questo caso, di agire nelle condizioni di massima sicurezza per il paziente.

Poichè l’unico vero rischio che possiamo correre utilizzando gli agenti midriatici è quello di scatenare un attacco di glaucoma acuto grave sarà essenziale soffermarsi su tale patologia.

L’umor acqueo è prodotto dal corpo ciliare e dopo aver circolato dalla camera posteriore all’anteriore defluisce attraverso il canale di Schlemm posto nell’angolo sclero-corneale: ha la duplice funzione di mantenere adeguate la pressione e le dimensioni bulbari, e dall’altro lato di fornire il giusto nutrimento alle strutture ottiche. In un occhio normale la produzione di umor acqueo e la sua eliminazione sono regolati in modo tale da mantenere la pressione endoculare fra i 12 ed i 22 mmHg (figura 6a).

Figura 6 (a) Strutture coinvolte nella formazione, circolazione e drenaggio dell’umore acqueo. (b) Angolo camerulare stretto visto in sezione.

 

 

Il termine glaucoma comprende i disturbi oculari caratterizzati da un’elevazione della pressione endobulbare di grado tale da essere dannosa per la visione o lesiva per la funzione oculare generale.

I glaucomi primari vengono distinti in due grosse categorie:

 

a) glaucoma cronico semplice detto anche glaucoma ad angolo aperto

b) glaucoma ad angolo chiuso.

I glaucomi secondari sono conseguenti a traumi, asportazione della cataratta, e ad altre patologie oculari (es. iridocicliti).

Il glaucoma cronico semplice ha un decorso molto lento e dà come unico sintomo, negli stadi avanzati, alterazioni del campo visivo dovute ad ischemia delle fibre del nervo ottico. Il paziente presenta un occhio non infiammato e non dolente. In questa patologia la pressione endobulbare è costantemente al di sopra dei valori normali. Il sito esatto di ostacolo al deflusso dell’umor acqueo non è stato ben identificato, ma non risente delle variazioni dell’angolo camerulare: è quindi possibile, con prudenza, utilizzare agenti midriatici.

Il glaucoma ad angolo chiuso è caratterizzato da attacchi leggeri, ricorrenti ed autolimitanti, oppure da attacchi acuti gravi che possono provocare danni irreversibili.

L’aumento episodico della pressione endobulbare è causato dalla chiusura dell’angolo della camera anteriore, che è il risultato di varie combinazioni e di vari fattori. Principale tra questi è una predisposizione anatomica al restringimento dell’angolo della camera anteriore (figura 6b). Altri fattori secondari possono agire sull’angolo come la dilatazione della pupilla dovuta ad oscurità, spaventi, dispiaceri ed ansietà, o all’utilizzazione di farmaci midriatici. In occhi anatomicamente predisposti la piccola variazione dell’angolo camerulare provocata da questi fenomeni è sufficiente per chiudere il già ristretto passaggio. Come conseguenza la pressione sale rapidamente ad un alto valore patologico. L’elevazione della pressione, in molti casi mette in funzione un meccanismo naturale di compensazione cosicchè la pressione torna normale con un danno oculare minimo.

Dopo un certo numero di attacchi il meccanismo di compensazione tende ad essere meno pronto e meno efficiente ed a poco a poco si instaura un impedimento al deflusso per aderenza fra le due pareti dell’angolo camerulare.

Durante l’attacco la pressione endoculare può raggiungere i 70 mmHg e ne possono conseguire danni ischemici. La sclera si presenta congesta ed arrossata. La cornea diventa edematosa.

Le alterazioni visive variano dall’apparizione di piccoli anelli colorati o grigi intorno a piccole sorgenti luminose, all’incapacità di vedere la propria mano a mezzo metro di distanza.

Altri sintomi possono essere dolori all’occhio, alla testa, nausea, vomito, dolori addominali.

Dopo questa breve descrizione si comprende che, ai fini della dilatazione pupillare, il rischio reale è rappresentato non solo dal glaucoma cronico semplice ma soprattutto dal glaucoma ad angolo chiuso.

Poichè è relativamente semplice escludere di trovarsi in presenza di questa condizione, diventa altamente improbabile scatenare un attacco di glaucoma acuto se prima di procedere si seguono poche semplici norme.

 

1) Chiedere al paziente se soffre di glaucoma, o se da precedenti esami oftalmologici è risultato essere affetto da elevata pressione endoculare. Chiedere anche se ha familiarità per il glaucoma.

2) Chiedere al paziente se ha mai avuto transitori episodi di annebbiamento visivo (aloni intorno alle luci, ecc), accompagnato da dolore agli occhi ed alla testa, nausea, vomito.

3) Chiedere al paziente se ha effettuato di recente altre dilatazioni pupillari con farmaci midriatici. Se la risposta è affermativa ed il paziente non ha in quell’occasione accusato alcuna sintomatologia glaucomatosa si può tranquillamente procedere all’instillazione del collirio midriatico.

4) Effettuare la manovra della tonometria digitale, per identificare i soggetti che presentano alta pressione endobulbare; ricordiamo comunque (vedi sopra) che non sono solo questi i soggetti realmente a rischio, ma soprattutto quelli portatori di un angolo camerulare stretto, i quali al di fuori dell’attacco presentano una normale tensione endoculare (figura 7).

Figura 7 Tonometria digitale. La pressione esercitata da un dito tende a spingere l’altro dito verso l’esterno. Se la pressione endoculare è alta tutto il globo viene spinto all’interno dell’orbita.

 

5) Effettuare un’ispezione dell’iride e della cornea; anche un medico non specializzato in oftalmologia può con una piccola lampada a fessura o con una torcia elettrica identificare i soggetti con un angolo sclerocorneale stretto. Si vede infatti che l’iride è molto vicina alla cornea. L’occhio può essere più piccolo del normale ed è spesso ipermetrope. Tali soggetti non vanno sottoposti alla midriasi, e soprattutto se riferiscono di aver avuto in passato sintomi compatibili con lievi e transitori attacchi di glaucoma acuto vanno indirizzati all’oculista per effettuare un’indagine più approfondita (figura 8). Nel caso che si abbia il pur minimo dubbio che il paziente sia portatore di angolo corneale stretto evitare assolutamente di instillare colliri midriatici.

Figura 8 (a) Aspetto di una camera anteriore stretta e (b) di una camera anteriore normale viste con la lampada a fessura.

 

 

6) Ricordarsi comunque che prima di effettuare l’esame è necessario che il paziente ("dopo essere stato informato dei benefici e dei rischi della valutazione oftalmoscopica del fondo oculare effettuata dopo somministrazione di un agente midriatico") acconsenta esplicitamente a tale esame. Si tratta infatti di una manovra farmacologica con finalità diagnostiche, implicante un certo rischio per il paziente: per la legge italiana può, quindi, essere effettuata soltanto dopo aver ottenuto il consenso del paziente.

 

Il paziente va inoltre informato che avrà difficoltà di messa a fuoco e fastidio alla luce nelle 2-3 ore successive. Per quello stesso periodo di tempo gli sarà sconsigliata la guida dell’automobile.

 

7) A questo punto si può instillare l’agente midriatico.

Assolutamente non va utilizzata l’atropina che ha un effetto troppo intenso ed una durata di molte ore.

Consigliamo invece la tropicamide all’1% (Visumidriatic) o il ciclopentolato allo 0,5% (Ciclolux); si tratta di anticolinergici che hanno una minore durata d’azione ed un effetto meno intenso. Così in caso di bisogno sarà possibile revertire farmacologicamente la midriasi e la cicloplegia.

8) L’effetto del collirio si manifesta in un tempo variabile dai 10 ai 20 minuti.

9) Alla fine dell’esame si può revertire la midriasi instillando alcune gocce di Pilocarpina all’1%. (Si tratta di un agente colinomimetico che provoca miosi. Attenzione: nel soggetto giovane e nel miope può provocare uno spasmo del muscolo ciliare che si manifesta con dolore e difficoltà di messa a fuoco da lontano).

10) Dopo aver seguito tutte le istruzioni precedenti, è molto improbabile che si verifichi un attacco di glaucoma acuto. bisogna comunque essere preparati a riconoscere in fretta le manifestazioni caratteristiche (vedi sopra per i sintomi e per la diagnosi) ed in tale eventualità attuare rapidamente lo schema terapeutico riportato in tabella 2.

Tabella 2

SCHEMA TERAPEUTICO PER GLAUCOMA ACUTO

Pilocarpina 4% (collirio): ogni 5 minuti per mezz’ora, e successivamente ogni 30 minuti per le due ore successive, ed in seguito ogni 6 ore. Vanno trattati entrambi gli occhi.

Acetazolamide (Diamox) per via orale: 500 mg subito ed in seguito 250 mg ogni 6 ore.

Un analgesico (im), se ci sono nausea e vomito.

 

Sarà inoltre necessario essere a conoscenza della sede del pronto soccorso oculistico più vicino e nel caso che il paziente non risponda alla terapia suddetta accompagnarvelo immediatamente: lì si valuterà l’opportunità di effettuare somministrazione di agenti osmotici come glicerolo (per os) o mannitolo (ev) o di attuare altri provvedimenti.

Il paziente va comunque avvisato che nel caso nelle ore successive, dopo il suo ritorno a casa, presenti la pur minima sintomatologia compatibile di attacco di glaucoma acuto dovrà avvertire il medico e recarsi immediatamente al pronto soccorso specificando di aver effettuato una dilatazione midriatica.