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L’OFTALMOSCOPIO
Poichè non è possibile vedere la retina ad occhio nudo, è necessario illuminarla con uno stratagemma. Verrà quindi spiegato il principio dell’oftalmoscopio originale di Helmotz e come da questo si è arrivati all’oftalmoscopio moderno. Vedremo infine come si utilizza l’oftalmoscopio.
Se cerchiamo di vedere la retina guardando dentro la pupilla non vedremo altro che un foro nero, anche se l’ambiente è intensamente illuminato e malgrado dalla pupilla esca luce riflessa dalla retina.
Questo fatto è una conseguenza del principio della reversibilità delle vie ottiche.
Per comprendere questo concetto dobbiamo far finta che l’occhio possieda una sola lente: è quel modello che viene generalmente definito "sistema ottico semplice" (figura 2a).
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Se la sorgente di luce si trova nel fuoco coniugato anteriore A l’immagine si forma nel fuoco coniugato posteriore B. Poichè una parte della luce che cade sulla retina viene riflessa, allora per il principio della reversibilità delle vie ottiche i raggi riflessi dal punto retinico B escono daccapo dal globo oculare e vanno a formare, dopo rifrazione, il loro fuoco coniugato in A (cioè la sorgente di luce originaria). La luce della retina non può compiere insomma altro cammino da quello che la riporta alla sorgente originaria.
E’ chiaro che la testa dell’osservatore fa schermo proprio a quel fascio di raggi che, riflesso, gli permette di vedere la retina del soggetto. Lungo le linee ottiche, che provenendo dalla retina del soggetto vanno all’occhio dell’osservatore, non escono raggi luminosi e pertanto la pupilla ci appare nera, mentre la superficie riflettente è in realtà rosa.Il principio dell’oftalmoscopio, introdotto da Helmotz nel 1851, consiste nel far sì che la sorgente luminosa e l’occhio dell’osservatore vengano a trovarsi lungo lo stesso asse. E’ sufficiente a tale scopo che l’osservatore guardi l’occhio del soggetto attraverso un foro che si trova nel mezzo di uno specchio concavo (figura 2b), che illumina l’occhio osservato con la sua luce riflessa.
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Nell’oftalmoscopio originale di Helmotz era necessario che sia il soggetto che l’osservatore fossero esenti da difetti di rifrazione (miopatia, ipermetropia, astigmatismo) e che fossero in grado di mantenere la messa a fuoco su un punto lontano. In questo caso i raggi luminosi riflessi dallo specchio concavo vanno ad illuminare una vasta superficie della retina del soggetto osservato.
A questo punto i raggi luminosi che provengono dalla retina osservata escono paralleli ed arrivano sempre paralleli alla cornea dell’osservatore sulla cui retina si trovano a fuoco.L’oftalmoscopio originale di Helmotz era di difficile uso essendo necessario che entrambi gli occhi, quelli del soggetto e quelli dell’osservatore, fossero esenti da difetti di rifrazione e capaci di mantenere durante l’osservazione la messa a fuoco su un immaginario punto lontano. Per ovviare a questi inconvenienti era necessario ricorrere a particolari lenti correttive.
Gli oftalmoscopi moderni continuano ad essere basati sul principio di Helmotz e cioè che l’osservazione della retina è possibile solo se l’occhio dell’osservatore e la sorgente luminosa sono posti sullo stesso asse (figura 3).
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I grandi passi avanti sono costituiti essenzialmente da tre fattori:
1) Sono di piccole dimensioni e quindi molto più maneggevoli.
2) Hanno una fonte di illuminazione propria, che dall’interno dell’apparecchio, attraverso un sistema di prismi o specchi, proietta il fascio luminoso sulla stessa linea di visione dell’osservatore.
3) Nella testa dell’apparecchio è contenuto un intero "set" di lenti (circa 14) che possono essere interposte sull’asse di osservazione in modo da correggere i difetti refrattivi del soggetto. La manovra da effettuare per passare da una lente all’altra è rapidissima (basta ruotare una rotellina) e può essere effettuata con un dito anche durante l’osservazione della retina. In una piccola finestrella compaiono dei numeri che corrispondono alle diottrie della lente inserita: i numeri scritti in rosso si riferiscono a lenti negative (divergenti) utilizzate per correggere la miopia. I numeri scritti in nero si riferiscono a lenti positive (convergenti) utilizzate per correggere l’ipermetropia.
Inoltre va segnalato che l’immagine che possiamo ottenere delle strutture retiniche è un’immagine dritta (non capovolta), ingrandita di circa 15 volte e con un potere di risoluzione di 70 micron.
Grazie a questi miglioramenti tecnologici l’oftalmoscopio è diventato uno strumento pratico e adatto all’uso quotidiano, in talune situazioni diventa addirittura uno strumento tascabile (es. neurologi, oculisti, cardiologi) e sempre pronto all’uso.
Malgrado ciò il suo uso non è né facile né immediato; sarà quindi utile soffermarsi a spiegare come si fa ad utilizzare l’oftalmoscopio.
Come si utilizza l’oftalmoscopio
Il modo migliore per imparare ad usare l’oftalmoscopio è di esercitarsi ripetutamente con uno strumento di qualità.
Tutti vorrebbero, già al primo tentativo, essere in grado di vedere la retina a fuoco e di riconoscere la papilla del nervo ottico, la macula, i vasi retinici, eccetera.
Quello che in realtà accade è che i primi tentativi sono spesso infruttuosi: l’osservatore si ritrova ad osservare una pupilla molto ristretta e pressochè tutta la luce dello strumento viene riflessa dalla cornea. Il risultato è deludente e molti rinunciano definitivamente a provare ancora.
Per imparare ad utilizzare l’oftalmoscopio sarà invece necessario procedere per gradi fino a superare tutte le difficoltà.
La premessa indispensabile, a questo punto, è ricordare che per utilizzare l’oftalmoscopio è essenziale che lo sguardo sia dell’osservatore che del soggetto osservato siano a fuoco su un oggetto lontano (figura 4).
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1) La prima operazione da effettuare, quindi, sarà quella di correggere lo strumento per l’eventuale difetto refrattivo dell’osservatore: ciò si ottiene guardando nel mirino ed osservando un oggetto lontano; se l’oggetto non risulta ben a fuoco basterà ruotare col dito indice la ghiera delle lenti correttive fino ad ottenere una immagine nitida dell’oggetto lontano. Il numero che apparirà a questo punto sull’indicatore delle lenti corrisponderà al numero di diottrie prescritte per il difetto visivo dell’osservatore.
(I numeri scritti in nero sono diottrie positive, cioè lenti convergenti, generalmente utilizzate per correggere l’ipermetropia; i numeri scritti in rosso sono diottrie negative, cioè quelli delle lenti divergenti, utilizzate per correggere la miopia). Se l’osservatore è fortemente astigmatico converrà che utilizzi l’oftalmoscopio continuando ad indossare gli occhiali.
2) La seconda operazione consiste nel correggere lo strumento anche per il difetto refrattivo del paziente. Per far ciò esistono varie possibilità. Quella apparentemente più elementare consiste nel cercare di mettere a fuoco la retina del paziente durante l’osservazione da distanza ravvicinata ruotando la ghiera delle lenti correttive. Spesso però questo sistema si rileva inefficace. Ne suggeriamo quindi un altro che, soprattutto in fase di apprendimento, può rivelarsi utile. Si tratta di fare la somma algebrica fra le diottrie per la correzione dell’operatore e le diottrie per la correzione del paziente. Se il paziente non conosce le diottrie delle lenti che sono montate sui suoi occhiali gli si può prestare l’oftalmoscopio e chiedergli di cercare la lente che meglio gli consente di metter ben a fuoco un oggetto lontano.
Facciamo un esempio: il medico ha una miopia correggibile con 4 diottrie (4 rossa = -4) ed il paziente un’ipermetropia correggibile con 2 diottrie (2 nero = +2); la somma algebrica fra +2 e -4 risulta essere -2; quindi la retina del paziente può essere messa a fuoco con la lente 2 rossa. Bisogna comunque continuare a tenere sempre l’indice sulla ghiera delle regolazioni e provare a sfuochettare un paio di scatti in avanti ed un paio di scatti indietro per cercare la migliore messa a fuoco possibile.
Tale operazione va eseguita per ciascun occhio.
3) Il paziente viene esaminato in una stanza scarsamente illuminata o in una camera oscura. Il buio risulta particolarmente utile quando l’esame si effettua senza aver precedentemente utilizzato colliri midriatici.
4) E’ preferibile osservare il paziente seduto; comunque se il medico riesce a trovare una posizione comoda e stabile si può effettuare l’esame anche col paziente in piedi o sdraiato sul letto.
5) Viene chiesto al paziente di fissare un punto lontano; sottolineando ancora una volta che tale condizione è essenziale per una buona esecuzione dell’esame oftalmoscopio.
6) Il trucco più importante è che il medico utilizzi l’oftalmoscopio come se stesse guardando un oggetto lontano. L’immagine ottica della retina è infatti posta all’infinito e non alla distanza apparente di 5 cm. Uno degli errori più frequenti di chi comincia ad utilizzare l’oftalmoscopio è quello di convergere gli occhi e di cercare di mettere a fuoco vicino. E’ quindi essenziale imparare a rilassare la convergenza e l’accomodazione ed ignorare le immagini provenienti dall’occhio che non è utilizzato per l’osservazione.
Gli oftalmoscopisti esperti imparano a fare ciò automaticamente, ma all’inizio può essere utile chiudere l’occhio non utilizzato o coprirlo con una mano.
Un altro trucco consiste nel guardare nel mirino immaginando di guardare un paesaggio lontano, come se si trattasse di un cannocchiale o di un telescopio.
7) Anche quando l’oftalmoscopio non è ancora perfettamente a fuoco osservando il foro pupillare da una distanza di 20 cm si vedrà una luminescenza rossa emergere dall’occhio del soggetto normale. Questo riflesso rosso origina dai capillari della corioide e torna indietro passando attraverso la retina ed i mezzi diottrici dell’occhio. Ogni riduzione di questo riflesso rosso suggerisce l’opacizzazione dei mezzi diottrici e rende l’esame difficile. Soltanto se i mezzi diottrici sono normali è possibile osservare nitidamente la retina in ogni suo dettaglio.
8) A questo punto ci si può avvicinare a pochi centimetri dall’occhio del paziente; si esamina l’occhio destro del paziente con il proprio occhio destro ed il sinistro con il proprio occhio sinistro. In questo modo è molto più facile trovare rapidamente la papilla che si trova a circa 15 gradi medialmente. L’oftalmoscopio si tiene nella mano corrispondente all’occhio con cui si sta osservando. La testa dello strumento è mantenuta ferma contro il margine dell’orbita dell’osservatore ed il dito indice è usato per cambiare lente e quindi mettere a fuoco le strutture oculari interne. Lo strumento viene quindi mantenuto in stretto contatto con l’occhio dell’esaminatore, ed infatti si muove all’unisono con il suo capo.