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Una malattia, fortunatamente molto rara, che colpisce a qualunque età ma che generalmente si manifesta tra i trenta e i sessanta anni.
La
sindrome di Zollinger-Ellison:
una causa rara di malattia ulcerosa
Dott.ssa
V. Benedetti
La presenza
della sindrome di Zollinger-Ellison può determinare fino all’1% delle ulcere
peptiche.
Con questo termine si definisce un tumore, singolo o multiplo, localizzato
per lo più nel pancreas o nella parete duodenale, costituito da cellule che
producono gastrina, cioè l’ormone che induce la secrezione gastrica. In più
della metà dei casi il tumore è dotato di malignità sia biologica che istologica
ed è, quindi, in grado di generare metastasi.
Nel 20-60% dei pazienti la neoplasia fa parte della MEN 1 (Neoplasia Endocrina
Multipla), sindrome ereditaria caratterizzata dalla presenza di tumori
a carico di ipofisi, paratiroidi e pancreas, mentre nei restanti casi la sua
comparsa è sporadica, non legata a fattori genetici.
La maggior parte dei
pazienti affetti presenta lesioni ulcerose del tratto gastroenterico superiore,
dovute all’ipersecrezione acida indotta dall’ipergastrinemia. Le ulcere,
che possono essere anche multiple, si localizzano prevalentemente nella
prima porzione del duodeno e nello stomaco, come nell’ulcera peptica classica,
ma hanno un decorso più aggressivo anche in corso di terapia.
La sintomatologia è analoga a quella della malattia ulcerosa, spesso con
dolore di entità maggiore, e può comprendere anche diarrea, dovuta alla
grande quantità di succo gastrico prodotta. La insolita acidità del succo
enterico interferisce con i normali processi di digestione e assorbimento
dei grassi (eliminati in quantità superiori alla norma con le feci) e di
vitamina B12, il cui deficit causa anemia e neuropatie.
La sindrome di Zollinger-Ellison deve essere sospettata nei pazienti che,
nonostante appropriate terapie antiulcera, non guariscono. L’esame endoscopico
generalmente non fornisce informazioni che aiutino nella diagnosi, essendo
l’aspetto delle lesioni identico a quello delle ulcere comuni; elementi
distintivi possono essere il sollevamento della mucosa gastrica in pliche
(non specifico per questa malattia) e la maggiore quantità di succo gastrico
nel lume.
L’esame che permette di fare diagnosi è, invece, il dosaggio dei livelli
di gastrina nel sangue; questo può essere eseguito anche dopo opportuni
test di stimolazione, in particolare con la secretina: la somministrazione
di questa sostanza per via endovenosa induce, nei soggetti con gastrinoma,
un incremento notevole della gastrina sierica che non si osserva nei soggetti
sani o affetti da comune ulcera peptica.
Alte concentrazioni
di gastrina nel sangue non sono, però, sinonimo di gastrinoma: un difetto
primitivo di produzione del succo gastrico, ad esempio da gastrite atrofica
(abbastanza comune negli anziani), determina sempre aumento della gastrina;
per questo motivo andrebbe sempre valutata la secrezione acida gastrica,
basale e dopo stimolo, prima di procedere a qualunque altro approfondimento
diagnostico.
Il momento più difficile nell’iter diagnostico-terapeutico della sindrome
di Z-E è la localizzazione del o dei tumori: ecografia, TC e RMN dell’addome
individuano la neoformazione in una percentuale bassa di casi.
L’esame che ha dimostrato maggiore utilità è la scintigrafia con octreotide
marcato, un tracciante che si lega in modo elettivo alle cellule
producenti gastrina. Talvolta, però, la sede rimane oscura e l’unica soluzione
è la ricerca mediante laparotomia: in altre parole il chirurgo esplora direttamente
l’addome fino ad individuare la o le masse e procede alla loro asportazione.
La ricerca non è, ovviamente, casuale perché il gastrinoma si localizza
generalmente in un’area definita "triangolo del gastrinoma"
compresa grossolanamente tra le vie biliari, il duodeno e il pancreas.