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INDURATIO
PENIS PLASTICA
o MALATTIA DI LA PEYRONIE
La Induratio Penis Plastica (IPP) o malattia
di La Peyronie,dal nome del chrurgo di LuigiXV che la scoprì nel 1743, è una
malattia del pene a causa non nota caratterizzata da una fibrosi circoscritta
della tunica albuginea, la guaina scarsamente vascolarizzata che riveste i corpi
cavernosi del pene. L’area di fibrosi, che definiremo "placca", costituisce
una limitazione alla elasticità della faccia del pene interessata dalla malattia
durante le erezioni determinando una curvatura verso il versante malato. Le
cause, come già detto, non sono note. Il riscontro frequentissimo delle placche
sulla linea mediana del pene nella regione ventrale o dorsale di esso ha fatto
ipotizzare a moltissimi autori già negli anni sessanta e poi più di recente
che alla base del processo fisiopatologico della malattia vi siano traumi o
microtraumi ripetuti nel tempo a carico del pene eretto che detrminano lesioni,
anche minime, di quell’area della tunica albuginea che si trova a livello del
setto di separazione tra i due corpi cavernosi (setto intercavernoso). Infatti
il rivestimento dei corpi cavernosi presenta fibre circolari intorno a ciascuno
di essi e fibre a decorso longitudinale che li rivestono consensualmente. Sulla
linea mediana queste fibre ad andamento ortogonale tra loro si incontrano nel
setto intercavernoso. Un trauma a pene eretto può scollare questi due strati
di fibre lacerandoli. A queste lacerazioni, uniche o ripetute, conseguono i
normali processi riparativi dell’organismo che all’inizio producono fenomeni
di infiammazione locale e, nel tempo, la formazione di una cicatrice. Questa
costituisce la tipica "placca" della IPP. Col passare del tempo questi processi
cicatriziali si stabilizzano, vi si depositano sali di calcio col risultato
finale di placche calcifiche immodificabili, tipiche delle IPP stabilizzate.
EPIDEMIOLOGIA
La IPP colpisce prevalentemente uomini di mezza età, molto più raramente soggetti
giovani o anziani. Tale distribuzione epidemiologica viene giustificata e, allo
stesso tempo, conforta l’ipotesi eziologica esposta in precedenza mettendola
in relazione a due fattori: elasticità dei tessuti e vigore sessuale.
Nei giovani l’enorme elasticità dei tessuti è in grado di assorbire il traumatismo
intrinseco dei movimenti coitali; negli anziani assistiamo a una notevole riduzione
della elasticità dei tessuti a cui però si accompagna anche una notevole riduzione
di "energia" durante i rapporti sessuali. E’ nella V-VI decade di vita che,
pur mantenendosi un elevato stress meccanico a carico del pene eretto durante
il coito, i tessuti penieni perdono più o meno gradualmente e più o meno velocemente
la loro elasticità.
Devine e coll. nel 1992 riportano il riscontro quasi esclusivo della IPP nella
razza bianca (rari casi tra i neri e nessuno tra gli orientali).
SINTOMATOLOGIA E DECORSO
La malattia nel 50% dei casi ha esordio improvviso e nell’altro 50% dei casi
esordio insidioso e lento nel tempo. Anche questa differente modalità di presentazione
del quadro sintomatologico viene ad essere in accordo con l’ipotesi eziologica
che abbiamo riportato. Infatti un paziente su due ha ricordo del trauma penieno
accompagnato da vivo dolore durato da pochi minuti a qualche giorno intercorso
circa 1-4 settimane prima dell’insorgenza della curvatura. L’altra metà dei
pazienti non ricorda invece un evento traumatico preciso. Nel primo caso è probabile
che il trauma abbia provocato una lacerazione sufficientemente importante da
essere corredata da dolore e impotenza funzionale più o meno lunga, nel secondo
caso probabilmente una serie di ripetuti microtraumi sono alla base della malattia.
Comunque insorga, la malattia conclamata si manifesta con una fase acuta e una
fase di stabilizzazione. Nella fase di acuzie, che come abbiamo visto può insorgere
immediatamente dopo un trauma o dopo un periodo variabile di tempo, il paziente
lamenta dolore spontaneo o all’erezione e curvatura del pene in erezione e,
meno frequentemente, anche in stato di flaccidità. E’ questa la fase in cui
va effettuata la terapia. A questa fase infatti consegue, dopo un periodo di
12-18 mesi, necessari all’organizzazione cicatriziale della placca, la fase
di stabilizzazione in cui i processi infiammatori sono risolti e residua una
placca calcifica inattacabile dalla terapia. E' dunque fondamentale aggredire
la malattia con la terapia idonea nella fase acuta, quella in cui l’infiammazione
e i processi cicatriziali sono ancora in atto, per ridurre la formazione della
cicatrice e il deposito dei sali di calcio. Alla malattia di La Peyronie può
associarsi un deficit erettile sia perché il dolore e la curvatura, con il conseguente
dolore alla penetrazione per entrambi i partner, hanno sull'attività sessuale
un importante effetto psicologico negativo, sia perché le modificazioni dei
tessuti penieni che sono alla base della possibile causa dell'IPP concidono
con quelle che concorrono al determinismo delle disfunzioni erettili organiche.
Ci sentiamo quindi di affermare, in accordo con moltissimi altri Autori, che
la IPP di per sé non è causa di disfunzioni erettili ma spesso precede e/o si
comporta da concausa di alcune forme di deficit erettivo organico o psicogeno.
DIAGNOSI
Va posta il più precocemente possibile.
Molti Autori hanno proposto diversi protocolli diagnostici con l'utilizzo delle
più svariate metodiche. Noi ci sentiamo di affermare che la diagnosi di IPP
si fa con 4 semplici modalità: 1) accurata raccolta della storia clinica del
paziente (modalità e tempi di insorgenza, sintomi, manifestazioni associate,
vita sessuale); 2) autofotografie, in almeno due proiezioni, che il paziente
deve eseguire a pene eretto che permettono di calcolare l'esatto angolo di curvatura
del pene; 3) esame obbiettivo che eseguito da mani esperte permette valutazioni
estremamente precise dello stato di malattia; 4) ecografia peniena a pene flaccido
e in erezione farmacoindotta.
TERAPIA
Il primo atto terapeutico è senza medicine o strumenti.
Il colloquio, chiaro e sereno, tra specialista e paziente, meglio ancora se
accompagnato dalla partner, è il primo momento della terapia. Enfatizziamo la
presenza della partner al colloquio per il ruolo che riveste la coppia, come
elemento unitario, nella evoluzione della malattia e, soprattutto, nella scelta
della strategia terapeutica. Un pene curvo infatti può essere altrettanto doloroso
per il paziente che per la partner col risultato che spesso l'evitamento del
rapporto sessuale diviene una scelta forzata di entrambi. Nella fase acuta della
malattia, la terapia viene effettuata con farmaci somministrati per via orale
o per via locale (infiltrazioni o ionoforesi) associata a terapia fisica (laser,
ultrasonoterapia, radioterapia). La terapia chirurgica, con interventi di escissione
della placca e apposizione di patch in materiale sintetico o autologo (lembi
di mucosa prelevati al paziente stesso) o interventi di impianto di protesi
peniene per i rari casi di deficit erettile irreversibile, a nostro giudizio
va riservata a quei pazienti che, a causa della curvatura o del deficit erettile,
non possono assolutamente avere rapporti sessuali e li desiderino. Molti i farmaci
impiegati nel corso degli anni con risultati diversi da molecola a molecola
e da autore ad autore utilizzando la stessa molecola (sic!). Noi proponiamo
ai nostri pazienti in fase acuta un protocollo terapeutico elaborato da noi
modificando parzialmente quanto affermato dal gruppo dell'Università di Milano
nel corso del IX congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia (Ancona,1995).
Il protocollo nasce da una passata esperienza con farmaci antiinfiammatori somministrati
con infiltrazioni perilesionali (corticosteroidi e orgoteina) che fu abbandonata,
a causa dei rischi di fibrosi reattiva al traumatismo dell'iniezione, per la
somministrazione con ionoforesi ambulatoriale. In quegli anni fu messo a punto
un apparecchio per ionoforesi peniena domiciliare che abbiamo adottato per il
vantaggio di poter effettuare sedute di ionoforesi giornaliere al domicilio
del paziente. Abbiamo associato terapia laser o laser+ultrasuoni a frequenze
personalizzate.Questo cammino di sperimentazione e la continua revisione delle
esperienze degli altri autorevoli colleghi ci ha condotto a utilizzare attualmente
il seguente schema terapeutico: A) ionoforesi giornaliera con apparecchio portatile
di proprietà del paziente (Jonomed) per 20 min a 2-4mA con, a giorni alterni,
1 fiala di verapamil da 5mg (sostanza colcioantagonista e antinfiammatoria);
negli altri giorni sfruttiamo l'effetto antiinfiammatorio del massaggio galvanico
che la corrente a piccola intensità determina sui tessuti; B) laserterapia o
laser-ultrasuonoterapia sempre domiciliare (Laser-sonic) due volte la settimana;
vitamina E alla dose di 200-400 mg x 2 volte al di.Questa terapia, eseguita
per 6 mesi, ha dimostrato un'ottima efficacia. Scomparsa del dolore nella totalità
dei pazienti, riduzione della curvatura in circa un terzo dei pazienti, riduzione
dell'area di fibrosi ecograficamente calcolata in un paziente su due.
Per informazioni sugli apparecchi domiciliari ed ulteriori chiarimenti: mediweb@wmail.axnet.it
Edizione 1 settembre 1997,
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