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NOZIONI DI ONCOLOGIA

di Tullio Ferrante

Il cancro è la seconda causa di morte dopo le malattie cariovascolari. Gli organi più colpiti sono la prostata nell’uomo e la mammella nella donna. Seguono, il colon retto ed il polmone in entrambi i sessi. Il dato sconcertante è che il cancro del polmone, fino a dieci anni fa a netta prevalenza maschile, colpisce oggi indifferentemente i due sessi. La causa di ciò è dovuta all’aumentata percentuale di donne fumatrici.
Ancora oggi, come vent’anni fa, esistono differenze nell’incidenza di specifiche neoplasie in diverse aree geografiche: il carcinoma dello stomaco e del fegato hanno in Giappone la frequenza più alta che in qualsiasi altra parte del mondo, mentre sono relativamente rari, sempre in Giappone, il carcinoma della mammella e del colon.
Il ruolo di fattori ambientali, in questo caso, sembra essere indiscutibile: il giapponese che emigra in America acquisisce la stessa incidenza neoplastica della popolazione americana dopo solo una o due generazioni di residenza.

EZIOLOGIA

  1. oncogenesi
  1. Sono circa 10 anni che l’attenzione dei ricercatori è focalizzata sullo studio dei geni che controllano la proliferazione cellulare.
    Essi sono i siti ove avvengono le mutazioni (alterazioni, variazioni) responsabili dell’anomala crescita cellulare che si traduce nella proliferazione neoplastica.
    Si conoscono tre specie di geni regolatori della crescita cellulare: gli oncogeni, che sono segmenti di DNA che promuovono la neoplasia e sono attivati o potenziati da alterazioni dei proto-oncogeni; i proto-oncogeni, che sono normali costituenti di tutte le cellule e sono di importanza fondamentale nella crescita e nella differenziazione cellulare; rappresentano altresì il punto di attacco di una moltitudine di stimoli carcinogenici; gli onco-soppressori, che svolgono un ruolo nel controllo della normale crescita cellulare, nel senso che uno squilibrio tra l’attivazione degli oncogeni e l’inattivazione degli onco-soppressori è alla base della carcinogenesi.
    Un esempio di attivazione di un oncogene è rappresentato dal cromosoma Philadelphia: esso deriva dalla traslocazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22 nelle cellule del sangue di quasi tutti i pazienti affetti da leucemia mieloide cronica.
    In questo caso il proto-oncogene (che per semplicità chiameremo x) è localizzato vicino al punto di rottura del cromosoma 9 e viene sempre traslocato sul cromosoma 22, il cui punto di rottura si trova in un’area che chiameremo y.
    Il risultato della fusione genica x-y codifica per una proteina che chiameremo semplicemente di fusione.
    A differenza della proteina nativa prodotta da x, la proteina generata dalla fusione x-y possiede una spiccata attività enzimatica che può essere ritenuta fondamentale per la patogenesi della leucemia mieloide cronica.
    Un esempio, invece, di sindrome associata con la mancanza di un gene onco-soppressore è la poliposi familiare, una lesione che predispone al cancro del colon.
    Un esempio, infine, di alterazione di proto-oncogeni è offerto dal neuroblastoma e dal carcinoma della mammella, ove la cosiddetta amplificazione dei proto-oncogeni è associata ad una prognosi infausta: ciò suggerisce l’esistenza di una stretta correlazione tra la loro aumentata espressione e la progressione della malattia.

  2. Carcinogeni ambientali

    Fumo di sigaretta, asbesto, cloruro di vinile.
    Agenti alchilanti, dietilstilbestrolo, terapia immunosoppressiva.
    Retrovirus HTLV-1, papillomavirus di tipo 16, virus dell’epatite B.
    Radiazioni.

  3. Ereditarietà

Oltre 200 alterazioni geniche risultano correlate allo sviluppo di neoplasie. La presenza di alcuni geni è associata ad un rischio superiore al 90% come accade nella poliposi familiare del colon.
Altri tumori mostrano una componente ereditaria minore( rischio 2-3 volte superiore alla popolazione generale).
I tumori multifocali della mammella e del colon rappresentano delle eccezioni, in quanto in entrambi il rischio in presenza di familiarità aumenta di 20-30 volte rispetto alla popolazione generale.

SCREENING

Un esame obiettivo completo periodico e i comuni esami del sangue e delle urine sono elementi fondamentali per la diagnosi precoce dei tumori maligni.
L’esplorazione rettale, l’esame obiettivo della mammella e dei testicoli sono i mezzi più efficaci per la diagnosi precoce delle neoplasie dei rispettivi organi.
Circa procedure più complesse, a parte la mammografia al di sopra dei 40 anni, che rappresenta l’unico esame la cui utilità è garantita da studi clinici di tipo prospettico e randomizzato, la sigmoidoscopia dopo i 50 anni ed il pap test, le basi scientifiche sono molto meno solide.
Discorso a parte meritano i cosiddetti marcatori tumorali.
Gli esami radiologici di routine raramente evidenziano neoformazioni del volume inferiore ad 1 cm cubo, corrispondente circa ad un milione di miliardi di cellule neoplastiche. Ciò ha suggerito la ricerca nei liquidi biologici di molecole prodotte in modo specifico dalla cellula neoplastica: i marcatori tumorali.
Tuttavia la loro scarsa sensibilità e specificità ne precludono l’uso nella popolazione asintomatica; alcuni di essi vengono invece utilizzati proficuamente come indicatori di risposta al trattamento e nella diagnosi precoce delle recidive.
E’ il caso ad esempio del CEA (antigene carcinoembrionario) nelle neoplasie di polmone, mammella, e dell’apparato gastroenterico; dell’alfa-fetoproteina nelle neoplasie di fegato,stomaco,pancreas, colon,polmone; della gonadotropina corionica umana nelle neoplasie di fegato,stomaco, pancreas,ovaio; del PSA (antigene prostatico specifico) nelle neoplasie della prostata, mieloma multiplo e metastasi ossee; del CA-125 nei tumori ovarici; della beta2 microglobulina nel mieloma multiplo.

EFFETTI SISTEMICI DELLE NEOPLASIE

Molti sintomi provocati da una neoplasia sono dovuti alla presenza fisica della stessa.
Cefalea da metastasi cerebrali, dolore lombare da metastasi vertebrali, ittero da ostruzione delle vie biliari. Esistono poi sintomi indiretti come l’anoressia, e sintomi particolari dovuti a mediatori rilasciati dalla cellula tumorale, tanto particolari da configurare vere e proprie sindromi: sono le cosiddette sindromi paraneoplastiche.

Anoressia e cachessia
La cachessia, cioè l’estremo decadimento psico-organico, è dovuta a svariati e complessi fattori:

  1. anoressia
  2. depressione e malessere generale
  3. effetti collaterali della chemio e radioterapia
  4. alterazioni proteiche e del metabolismo energetico
  5. aumento del catabolismo dovuto alla febbre
  6. fuoriuscita di proteine nei cosiddetti terzi spazi ( es. vesamento pleurico)

Alterazioni ematologiche
Generalmente si assiste ad anomalie importanti nel sistema di coagulazione ed in tutte le linee cellulari ematopoietiche.

Manifestazioni neurologiche
Le metastasi cerebrali costituiscono la principale causa di disfunzioni neurologiche, che tuttavia possono derivare anche da anomalie metaboliche, infezioni opportunistiche del sistema nervoso centrale o da un suo insulto ischemico o emorragico.

Manifestazioni cutanee
Possono essere presenti lesioni di vario tipo: eritematose,pigmentate, miste, e possono insorgere prima durante e dopo la neoplasia.

Manifestazioni renali
Le cause delle disfunzioni renali sono molteplici: neoplasia primitiva, ostruzione delle vie urinarie, squilibri elettrolitici, tossicità da chemioterapia.

Manifestazioni endocrine
Alcune neoplasie sviluppano una notevole capacità di rilasciare in circolo ormoni naturali in modo indipendente dai normali meccanismi di regolazione. Si hanno così le sindromi paraneoplastiche più comuni.
La neoplasia più caratteristica è il carcinoma polmonare detto a piccole cellule. La peculiarità consiste nel fatto che può dare varie sindromi a seconda dell’ormone prodotto: può infatti determinare una sindrome di Cushing (ACTH), una diminuzione della concentrazione di sodio (ADH), una ginecomastia (hCG).

La terapia oncologica

I progressi in campo medico, chirurgico e radioterapico hanno permesso a molte neoplasie di diventare curabili. Quì sono esaminati i principi fondamentali sull’uso di queste modalità terapeutiche.

CHIRURGIA ONCOLOGICA

La resezione chirurgica totale è il trattamento di scelta nella maggiorparte delle neoplasie solide localizzate. Però, poichè molte di esse hanno già dato micrometastasi al momento della diagnosi, si è soliti integrare il trattamento chirurgico con altre metodiche, per ottenere il controllo locale e a distanza della neoplasia.
Un esempio classico à rappresentato dal carcinoma mammario localizzato che viene trattato con metodica combinata chirurgica, radio e chemioterapica.
L’intervento chirurgico può anche essere soltanto palliativo, mirante a risolvere le complicanze di un carcinoma quali ostruzioni intestinali e biliari, emorragie, perforazioni, compressione di strutture vitali.
Infine, ma non per importanza, c’è la chirurgia ricostruttiva e plastica che partecipa alla riabilitazione dei pazienti oncologici già trattati; basti pensare alla ricostruzione del seno dopo mastectomia, e alla risoluzione delle contratture indotte dalla radioterapia.

RADIOTERAPIA

L’effetto biologico delle radiazioni si esplica attraverso un processo detto ionizzazione, consistente nell’emissione di elettroni dalle molecole bersaglio.
Le onde elettromagnetiche impiegate sono solitamente i raggi x, generati con acceleratore lineare, e i raggi gamma derivanti da isotopi radiattivi quali il cobalto 60.
La radioterapia è generalmente somministrata in frazioni da 1.8 a 2,5 Gy\die 5 giorni a settimana. Tale frazionamento migliora l’indice terapeutico( margine di sicurezza tra dose terapeutica e tossica) poiché il danno provocato da dosi subletali è più facilmente riparabile nel tessuto normale che in quello tumorale.
Vengono effettuati, inoltre, intervalli settimanali del trattamento per permettere al paziente di riprendersi dalla tossicità acuta, e per la riossigenazione.
La riossigenazione è molto importante: l’ipossia, cioè la mancanza di ossigeno cellulare. normalmente esistente al centro della neoplasia, la rende 2-3-volte più resistente alle radiazioni, rispetto agli altri distretti ben ossigenati: la riossigenazione, quindi, rende rende la neoplasia più suscettibile alla successiva applicazione radiante.
Lo scopo della radioterapia è quello di distruggere le cellule neoplastiche, risparmiando quelle sane.
La probabilità di arrecare nocumento alle cellule sane aumenta con la dose. I tessuti che richiedono una rapida e continua proliferazione delle cellule come la cute, il midollo osseo e la mucosa gastrointestinale sono i più soggetti a tossicità acuta (stomatiti, diarrea, leucopenia).
Le manifestazioni tossiche tardive quali fibrosi, necrosi ed ulcerazioni dipendono dalla dose totale somministrata e al tipo di frazionamento.

CHEMIOTERAPIA

A causa di una crescita esponenziale le neoplasie si raddoppiano circa 30 volte prima di diventare clinicamente rilevabili ( 10 milioni di miliardi di cellule danno una massa di un cm cubo)
Qualsiasi tumore ha un caratteristico tempo di raddoppiamento che va da 2 giorni a tre mesi ed oltre. In un primo tempo la crescita è di tipo esponebziale, in seguito una percentuale sempre maggiore di cellule entra nel pool non proliferativo a causa della morte cellulare e della differenziazione, ed entra nella fase di riposo del ciclo cellulare.
La crescita delle cellule non proliferanti diminuisce la suscettibilità dei tumori agli agenti antineoplastici, che sono più attivi nei riguardi delle cellule che si dividono più rapidamente.
Questo principio costituisce il razionale del "debulking" tumorale (con chirurgia o irradiazione), così da favorire il passaggio delle cellule dallo stadio di riposo ad uno di attiva proliferazione con un aumento della suscettibilità alla chemioterapia.
Tutti i chemioterapici, infatti, agiscono sulla divisione cellulare.
Gli antimetaboliti, agendo come analoghi di substrati fisiologici vitali, inibiscono la sintesi del DNA: gli esempi comprendono il methotrexate, analogo dell’acido folico; la citosina arabinoside, analogo della pirimidina; la 6-mercaptopurina, analogo della purina.
Gli agenti alchilanti come la ciclofosfamide interagiscono chimicamente con il DNA causandone la rottura. Il cisplatino, un metallo pesante, esplica la sua attività attraverso un meccanismo simile.
Molti antibiotici ad attività antitumorale come le antracicline, la daunomicina e la doxorubicina si intercalano nella doppia elica del DNA.
Gli alcaloidi della vinca,vincristina e vinblastina sono prodotti vegetali che arrestano il ciclo cellulare inibendo la funzione dei microtubuli. La sicura somministrazione di tali sostanze con il loro indice terapeutico richiede la conoscenza delle loro vie di metabolismo ed eliminazione.
La forte correlazione fra la dose e la possibilità di cura di tumori maligni quali il linfoma di Hodgkin, giustifica la tossicità dei trattamenti aggressivi.
Tossicità che anche in corso di chemioterapia può essere di tipo acuto con nausea, vomito, alopecia, insufficienza renale, cistite emorragica, ileo e mielosoppressione; e tossicità cronica con leucemia, fibrosi polmonare, sindrome emolitico-uremica, neuropatia periferica e sterilità.
La causa più frequente del fallimento della chemioterapia è la resistenza ai farmaci e la probabilità di svilupparla è proporzionale alle dimensioni del tumore e al grado di mutazione del gene della farmacoresistenza, il cui prodotto è una proteina che impedisce l’accumulo intracellulare del farmaco.
Sono nati così i protocolli polichemioterapici che trovano il loro razionale nel fatto che agendo, come abbiamo visto, con meccanismi diversi, è più difficile che la neoplasia sviluppi resistenza a tutti.

Una terapia alternativa

Basata sull’utilizzo di sostanze prodotte dal nostro stesso organismo con l’aggiunta di vitamine, beta carotene, cortisonici, melatonina e piccole dosi di antiblastici, a seconda del tipo di neoplasia, la terapia si basa su un principio molto semplice: se è vero come è vero che il cancro è una crescita cellulare anarchica io somministro una sostanza, non che distrugge le cellule non distinguendo tra sane e cancerogene, ma una sostanza che inibisce la proliferazione cellulare. per di più naturale e quindi assolutamente atossica, ovviamente ad opportuno dosaggio: la somatostatina.
Non essendoci alcuna conoscenza degli effetti clinici della somatostatina in campo oncologico, si impongono una serie di osservazioni:

  • a che dosaggio somministrare la somatostatina ?
  • qual è l’effetto della sostanza sulle cellule sane?
  • che effetto produce nei bambini?
  • perché agisce o dovrebbe agire solo sulle cellule neoplastiche?
  • cosa comporta sui tessuti sani l’inibizione della proliferazione cellulare?

Anche se il metodo non fosse efficace in tutti i tipi di neoplasia, ma dimostrasse la sua maggiore validità, rispetto alle terapie tradizionali, solo in un tipo di cancro, si potrebbe disporre comunque di un’altra arma ed avremmo, comunque, fatto un passo in avanti nella lotta, sicuramente lunga e difficile, contro il cancro.

I pazienti possono interagire con l'autore dr. Tullio Ferrante per chiarimenti e domande.