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ALLERGIE
E INTOLLERANZE ALIMENTARI
A cura della Dott.ssa Nadia Borrillo
Agli alimenti vengono spesso addizionate sostanze particolari (conservanti, coloranti, antiossidanti, rinforzanti del sapore) allo scopo di migliorarne il gusto, l'aspetto e la conservazione. Questi additivi, come pure gli alimenti stessi possono essere causa di manifestazioni organiche sia interne, per esempio a livello dell'intestino, sia esterne a carico della cute.
Gli eventi organici che avvengono in seguito all'ingestione di cibi vengono generalmente definite come reazioni avverse agli alimenti e comprendono tutti quegli effetti indesiderati determinati dall'assunzione di cibi, di additivi o di contaminanti.
Negli ultimi decenni queste reazioni sono divenute più frequenti,
perché molte sono state le modifiche avvenute nell'ambito delle abitudini alimentari
specialmente nel mondo occidentale.
Un cambiamento importante è rappresentato dalla minor frequenza dell'allattamento
al seno: infatti sostituire il latte materno con altri di origine animale
o vegetale può creare le premesse per una sensibilizzazione nei confronti di
antigeni alimentari, proprio perché nei primi mesi di vita l'apparato gastroenterico
non ha ancora raggiunto una sua maturità funzionale.
Reazioni organiche spiacevoli possono essere determinate dall'uso indiscriminato
di insetticidi, diserbanti, fitofarmaci nella coltivazione di prodotti alimentari.
Un uso eccessivo di additivi alimentari o mangiare quantità esagerate di cibi
esotici, contro i quali il nostro organismo non ha potuto sviluppare eventuali
meccanismi di difesa, peggiora ulteriormente la situazione.
Oggi possono essere fatte analisi chimiche piuttosto sofisticate
degli alimenti che, insieme ad una più ampia conoscenza dell'apparato gastrointestinale
e a metodiche diagnostiche specifiche nella pratica clinica, permettono di fare
una certa chiarezza sui meccanismi che sono alla base delle reazioni avverse
ai cibi.
Le reazioni avverse agli alimenti sono classificate in :
reazioni tossiche e prevedibili, che possono interessare
ogni persona, perché dovute alla presenza negli alimenti di sostanze tossiche
naturali, di tossine prodotte da batteri o funghi che hanno contaminato
gli alimenti durante la catena alimentare, che comprende varie fasi: produzione,
processo, trasporto e conservazione. Queste reazioni sono intimamente correlate
sia con la dose sia con l'azione della sostanza stessa. Esempio di queste reazioni sono le intossicazioni da funghi velenosi, le gastroenterite causate da tossine batteriche contenute in alimenti avariati oppure le manifestazioni nervose dovute ad intossicazioni alcoliche o da caffeina |
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Reazioni non tossiche e non prevedibili, che interessano
solo alcuni soggetti sensibili e possono essere suddivise in:
L'allergia alimentare è mediata immunologicamente e i sintomi sono scatenati dall'assunzione anche di piccole quantità dell'alimento responsabile; mentre l'intolleranza alimentare è sempre dose-dipendente ed è determinata da molecole particolari farmacologicamente attive presenti negli alimenti, oppure conseguente ad un disturbo della digestione o dell'assorbimento dei principali costituenti alimentari |
Cosa si verifica in caso di allergia alimentare
Quando esiste un'allergia alimentare succede che,
per un mal funzionamento del meccanismo di esclusione, una quantità eccessiva
di molecole alimentari, con potere di antigene, attraversa la barriera intestinale
e determina, nei soggetti predisposti, una sensibilizzazione e una reazione.
Tutti gli alimenti potrebbero essere immunogeni, ma fortunatamente le allergie
sono in genere sostenute da un numero abbastanza ristretto di sostanze alimentari.
Un antigene alimentare, per poter determinare una reazione, deve possedere alcuni
requisiti: ·
deve essere un buon immunogeno, come lo sono le proteine, infatti le allergie sono sostenute da allergeni proteici o glicoproteici, | |
deve resistere ai trattamenti di cottura, bollitura, spremitura, all'acidità del succo gastrico e agli enzimi intestinali. Antigeni resistenti a questi fattori sono quelli presenti nell'uovo e nel latte | |
deve avere una scarsa capacità di indurre intolleranza. |
Gli alimenti che più sovente causano allergie alimentari sono latte, cioccolato, cereali, legumi, uova, agrumi, pomodori.
La sensibilizzazione verso alcuni alimenti, come
per esempio l'uovo o il latte, tende a regredire con l'età, mentre alcune, come
quella verso i crostacei o i pesci, persiste anche nell'età adulta; questo perché
l'organismo è in grado di sviluppare in maniera diversa una tolleranza nei confronti
dei vari antigeni. Altro fattore da ricordare è che in alimenti diversi possono
esserci antigeni comuni o determinanti antigenici in comune, per esempio la
gliadina è presente sia nell'orzo che nel grano e nella segale e l'antigene
del merluzzo è presente in molti altri tipi di pesci. Questo fatto è alla
base di fenomeni di reazioni alimentari crociate, che sono oggi studiate.
Alcune di queste sono piuttosto comuni, per esempio quelle dovute a vegetali,
come i cereali, i legumi, alle uova di pollo, di anitra e di tacchino o tra
pesci di specie diversa. Esistono anche reazioni incrociate tra alimenti ed
inalanti, per esempio allergia alle piume e alle uova, al polline delle graminacee
e alle arachidi o ai pomodori.
Le allergie alimentari possono essere provocate anche da sostanze contaminanti
presenti talvolta negli alimenti. Queste molecole, anche in quantità minima,
in soggetti già sensibilizzati scatenano reazioni importanti. Un esempio di
questo sono gli antibiotici eventualmente presenti nel latte o nelle
carni, oppure la presenza di metalli, come il cromo, il rame, che vengono rilasciati
dai recipienti durante la cottura dei cibi.
Le allergie alimentari sono sempre sostenute da un meccanismo immunologico e possono essere di due tipi:
reaginico: cioè allergie IgE mediate | |
non reaginico: non mediate da IgE con presenza di complessi immuno patogeni, di linfociti T sensibilizzati e, talvolta, anche di anticorpi tossici. |
Le varie manifestazioni dovute ad allergie si manifestano o in modo isolato o in associazione tra loro. Si possono essenzialmente distinguere due quadri clinici: reazioni immediate e reazioni ritardate
Reazioni immediate (IgE mediate):
Scatenate il più delle volte dall'assunzione di latte vaccino, frumento, noccioline e cioccolata. Si manifestano con orticaria, edema laringeo con difficoltà respiratorie, vomito, eczema, edema delle labbra e della lingua, nausea, dolore addominale e a volte shock anafilattico.
Reazioni ritardate (non mediate da IgE)
In questo caso è molto difficoltoso identificare
gli alimenti responsabili, che rimangono il più delle volte sconosciuti; spesso
fanno seguito ad una gastroenterite acuta, probabilmente collegabili ad un deficit
immunitario transitorio.
Si manifestano con astenia, ansia, dolori articolari e
muscolari, otite.
E' interessante notare che probabilmente esiste una predisposizione genetica, in quanto i portatori di allergie alimentari presentano frequentemente un'anamnesi famigliare positiva nei confronti di varie forme allergiche.
DiagnosiTest alimentari di provocazione.
Test intradermici: sono risultati utili per selezionare i cibi da eliminare
dalla dieta perché sospetti di causare disturbi gastrointestinali, rinorrea
e congiuntivite, asma e sintomi similanafilattici. Per la presenza di falsi
positivi non sono indicati a fine diagnostico.
Test cutanei: la maggior parte degli estratti alimentari non sono standardizzati
e il loro impiego è discutibile. Può talvolta essere utile un skin-test
effettuato direttamente con del cibo fresco applicato sulla cute scarificata.
Risultano spesso falsi positivi e perciò la positività deve sempre essere confermata
dal test alimentare di provocazione.
Dieta di eliminazione: si eliminano dalla dieta di partenza tutti gli allergeni
alimentari più comuni (latte, uova, crostacei, noci, grano, semi di soia e cioccolata),
quindi, se i sintomi migliorano, si reintroduce un solo alimento, il quale verrà
consumato con frequenza maggiore rispetto agli altri per 24 ore, per stabilire
la capacità allergizzante.
Terapia
Eliminazione dei cibi responsabili.
Desensibilizzazione orale: si elimina il cibo responsabile, quindi lo si reintroduce a piccole dosi, in crescendo. Di dubbia efficacia. |
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Riscaldamento: riscaldare i cibi riduce la loro antigenicità perché vengono denaturate le proteine. | |
Antistaminici: questi farmaci sono utili solo nelle forme acute |
Le intolleranze possono dipendere da un difetto
enzimatico o dall'azione, in individui predisposti, di alcune sostanze ad attività
farmacologicamente attiva presenti a volte negli alimenti o prodotte dall'intestino
a partire dagli alimenti stessi.
Il primo caso riguarda le intolleranze enzimatiche mentre nel secondo
caso parliamo di intolleranze farmacologiche.
Le intolleranze farmacologiche vengono definite anche come reazioni pseudoallergiche (PAR), perché esistono molte somiglianze a livello clinico con le allergie mediate dagli anticorpi specifici (IgE) Le intolleranze alimentari e la manifestazione sintomatologica conseguente sono sempre dose- correlate e questo aiuta nella distinzione dalle allergie vere nelle quali i sintomi sono scatenati già dall'assunzione di piccole quantità di alimento responsabile.
Intolleranze enzimatiche
Sono determinate dall'incapacità dell'organismo
di metabolizzare alcune sostanze presenti negli alimenti. Questo difetto
degli enzimi deputati al metabolismo di determinate sostanze generalmente è
congenito, ma talvolta può essere acquisito nel tempo. Le intolleranze alimentari
su base enzimatica sono numerose e comprendono un certo numero di malattie che
riguardano il metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi.
Appartenenti a questo gruppo sono i difetti delle disaccaridasi (metabolismo
dei carboidrati) e le manifestazioni gastrointestinali conseguenti sono clinicamente
molto simili al quadro sintomatologico delle allergie alimentari. Sull'orlo
dei villi intestinali sono presenti degli enzimi che hanno il compito di scindere
i disaccaridi, come il lattosio o il saccarosio, e gli oligosaccaridi derivati
dalla digestione dell'amido. Gli enzimi disaccaridasi sono , alcuni stabili
al calore e altri no, e in condizioni normali sono capaci di una digestione
quasi completa dei disaccaridi e degli oligosaccaridi, tanto che solo una quantità
modesta di molecole raggiunge il colon in forma non digerita. A livello del
colon la flora batterica trasforma queste sostanze in idrogeno, metano, anidride
carbonica e in acidi organici che contribuiscono a mantenere morbide le feci
e a rendere frequenti i movimenti intestinali. Nei soggetti con difetti di disaccaridasi
primitivi o secondari a un difetto delle mucose intestinali, il colon viene
raggiunto da una quantità maggiore di zuccheri non digeriti e questo determina
un aumento delle fermentazioni intestinali, una produzione eccessiva di gas
e di acidi e la presenza nel lume intestinale di sostanze indigerite e dei loro
metaboliti in quantità superiore alla capacità di assorbimento della parete
intestinale. Nelle feci di questi soggetti ci sono sostanze riducenti, normalmente
assenti, e nell'aria espirata è presente idrogeno. I sintomi clinici del difetto
di disaccaridasi sono: flatulenza, distensione addominale, borborigmi, dolori,
diarrea e anche difetti nutrizionali e dipendono sia dalla quantità di zucchero
ingerito che dall'entità del difetto enzimatico.
Piuttosto comune tra i difetti di disaccaridasi è il deficit di lattasi nell'adulto.
L'enzima generalmente è presente in modo normale alla nascita e nei primi anni
di vita, ma dopo i 3 anni la sua attività incomincia a diminuire. Nei Paesi
occidentali questo difetto enzimatico si manifesta sovente durante l'adolescenza
ed è quindi distinguibile dalla forma congenita, evidente già alla nascita,
e da quella tardiva e secondaria a malattie gastroenteriche.
Intolleranze farmacologiche
Queste intolleranze si manifestano con una sintomatologia simile a quella delle allergie alimentari IgE mediate, ma se si eseguono esami di laboratorio e la ricerca di anticorpi specifici per alimenti i risultati sono negativi. Non è necessaria una sensibilizzazione pregressa, generalmente esiste una relazione stretta tra la dose e l'effetto e manca una specificità evidente, infatti anche sostanze diverse possono causare lo stesso quadro clinico. Esistono reazioni pseudoallergiche (PAR) da farmaci, da additivi alimentari e da alimenti.
PAR (reazioni pseudo-allergiche) da farmaci
Generalmente i farmaci sono contenuti negli alimenti in quantità molto basse ed è difficile che abbiano un ruolo patogenetico nelle intolleranze alimentari di questo tipo. Il problema potrebbe essere scatenato da reazioni incrociate tra additivi alimentari e farmaci antiinfiammatori
PAR (reazioni pseudo-allergiche) da alimenti
Tra le PAR da alimenti si distinguono quelle istaminiche e quelle tiraminiche.
PAR istaminiche
In queste reazioni il mediatore chimico è l'istamina, presente normalmente nel
lume intestinale. L'istamina può essere di origine esogena, in seguito all'ingestione
di alimenti che la contengono (formaggi, birra, vino, cioccolato, patate, aringhe,
tonno), o endogena, dovuta al suo rilascio da cellule del tratto gastrointestinale
o per l'intervento dei batteri della flora intestinale. Alcuni alimenti ad alto
contenuto di amidi e cellulosa, come i farinacei, i legumi, le patate, intervengono
sull'equilibrio della flora intestinale stimolando lo sviluppo di batteri capaci
di operare la trasformazione dell'istamina. Nel nostro corpo esistono potenti
sistemi enzimatici di difesa che determinano la trasformazione dell'istamina
in metaboliti inattivi, ma in alcuni soggetti, a causa di una carenza di
questi meccanismi, l'ingestione di alimenti ricchi di istamina può indurre una
PAR istaminica.
Alimenti ricchi di istamina sono: alcuni formaggi stagionati, gli insaccati,
i pomodori, il fegato suino, pesci come le aringhe, il tonno, il salmone e le
sardine.
Clinicamente la PAR istaminica si manifesta con sintomi simili a quelli presenti
nelle allergie alimentari IgE mediate: prurito, rash cutanei,
orticaria; raramente rinite, asma, shock anafilattico.
PAR tiraminica
La tiramina deriva dalla tirosina, che viene degradata a metabolita inattivo
in seguito all'intervento di una monoamino ossidasi (MAO). La tiramina intestinale
può essere esogena per l'ingestione di alimenti ricchi della sostanza (formaggi,
banane, avocado) o endogena per la trasformazione della tirosina presente nei
cibi ingeriti con l'intervento della tirosina decarbossilasi microbica. Nei
soggetti normali la tiramina intestinale viene degradata dalle MAO dell'intestino
e del fegato senza nessuna modificazione del suo livello plasmatico, ma in indìvidui
in cui esiste una condizione di insufficienza primaria delle MAO o per l'ingestione
di farmaci anti monoaminoossidasi o di altre molecole capaci di interferire
con l'attività di questi enzimi, per esempio i pesci avariati, la tiramina non
viene degradata in modo corretto e una quantità eccessiva passa in circolo.
A livello clinico le PAR da tiramina si manifestano con sintomi dovuti all'azione
che la sostanza ha sui vasi e sulle terminazioni nervose. Si possono avere tachicardia,
ipertensione, cefalea del tipo pulsante, febbre e vampate
al volto ed anche sintomi cutanei come l'orticaria.
PAR da additivi
Gli additivi sono molecole naturali o di sintesi usate nell'industria alimentare
per migliorare l'aspetto e il gusto degli alimenti e per la loro conservazione,
ma consentite dalla legge. Alcune di queste molecole, particolarmente usate,
sono responsabili di allergie. Le PAR da additivi si manifestano con prurito,
orticaria, rinite, asma, cefalea ed emicrania.
Sono sostenute da meccanismi non immunologici ancora da definire. Gli additivi
più comuni sono: i nitriti, i solfiti, i nitrati, il glutammato di sodio, alcuni
coloranti.
E’ molto importante fare una diagnosi precisa per poter in seguito eseguire una corretta terapia delle allergie alimentari e delle intolleranze. L’anamnesi, cioè tutte le informazioni inerenti al tipo di reazione, alla dieta, alla qualità e alla quantità dei cibi, alle modalità di insorgenza dei sintomi, è fondamentale nella definizione dell’intervento terapeutico, che si basa essenzialmente sull’esclusione dell’alimento responsabile.
Il primo passo è quello di seguire una dieta, per una decina di giorni, contenente un numero ristretto di alimenti normalmente non allergizzanti e di uso non abituale, come per esempio agnello, riso, radicchio, mele e pere sbucciate, acqua oligominerale e valutare una eventuale regressione dei sintomi. Si eseguono dei test cutanei con estratti allergenici ed esami di laboratorio per la ricerca nel siero del soggetto di anticorpi IgE specifici per alimenti, che permettono di definire una diagnosi. La conferma verrà data dalle prove di scatenamento con l’alimento o gli alimenti sospetti, eseguita utilizzando capsule contenenti quantità variabili di alimento liofilizzato; successivamente viene somministrato un placebo (generalmente capsule contenenti gelatina, fruttosio o destrosio). Durante questo test al soggetto si somministrano dosi di alimento in quantità stabilite che aumentano in modo graduale fino alla comparsa dei sintomi. Il limite di ingestione della sostanza sospetta è di 8-10 g: se non si avranno reazioni si potrà considerare sicuro l’alimento testato che verrà reintrodotto nella dieta.
Prove e test simili vengono eseguiti anche con gli additivi alimentari, anche se la diagnosi è piuttosto complessa dato il grande numero di sostanze oggi usate a questo scopo. Generalmente si riesce a formulare solo una diagnosi di sospetto.
La diagnosi di intolleranza ai disaccaridi si basa sull’esecuzione di test che mettono in evidenza un alterato metabolismo degli zuccheri ed un’intolleranza al carico orale dello zucchero, L’attività enzimatica viene determinata eseguendo accertamenti in seguito a una biopsia intestinale.
Nelle allergie alimentari non IgE mediate, dove i sintomi si manifestano a distanza di ore e a volte di giorni dopo l’assunzione dell’alimento, non è facile fare una diagnosi, perché è difficile cogliere la relazione tra la causa e l’effetto. Si eseguono test di eliminazione e di reintegrazione degli alimenti per lunghi periodi di tempo, esami bioumorali e strumentali specifici. Per raggiungere una diagnosi devono quindi essere soddisfatti essenzialmente 3 criteri; identificazione dell’antigene, ricomparsa della sintomatologia in occasione della sua reintroduzione nella dieta ed, eventualmente, dimostrazione di un meccanismo immunitario nel caso delle allergie.
Terapia
La dieta è sicuramente il mezzo più importante per la terapia delle intolleranze e delle allergie alimentari. Escludere gli allergeni alimentari responsabili comporta la totale scomparsa dei sintomi. Il regime dietetico deve rimanere sempre adeguato, completo e gradevole.
Per formulare una dieta di eliminazione bisogna
tener conto delle eventuali reazioni incrociate tra alimenti e inalanti, della
presenza di additivi o di antigeni alimentari, come il latte o la soia, nascosti
nei prodotti in commercio e della possibile presenza negli alimenti di metalli
o rilasciati dai recipienti di cottura o dalle scatole di conservazione. Spesso
infatti si consiglia ai pazienti di evitare l’acquisto di cibi in scatola e
di cucinare con stoviglie di vetro.
Quando si segue un regime dietetico di eliminazione, in alcuni casi si prevede
di poter lentamente reintegrare l’alimento tolto, come nel caso di allergie
transitorie al latte bovino, alle uova o ai cereali; mentre in altre condizioni
questo non è possibile data la persistenza per tutta la vita di una specifica
allergia, per esempio nel caso di allergie alle arachidi o ai crostacei. Quando
si reintegra l’alimento si deve procedere con calma, dopo aver seguito la dieta
per almeno un anno e non prima di aver fatto le prove di tolleranza. Escludere
un alimento significa, talvolta, eliminare un cibo di fondamentale importanza
a livello nutrizionale, per esempio il latte in età pediatrica; mentre in altre
situazione, è il caso delle arachidi o dei crostacei, non è poi così difficile.
Se l’alimento eliminato non può essere lentamente reintegrato bisogna intervenire
con un adeguato apporto nutrizionale, calorico e vitaminico facendo anche aggiunte
e sostituzioni.
Esistono in commercio validi sostitutivi utilizzabili proprio nei casi in cui
l’eliminazione è definitiva e riguarda alimenti ad alto valore nutrizionale.
Per esempio il latte bovino può essere sostituito da latte di soia, di capra
oppure da miscele di aminoacidi e di maltodestrine.
Nelle intolleranze alimentari di natura enzimatica, per esempio da deficit di
disaccaridi, si utilizzano alimenti privi di disaccaridi, come lattosio, saccarosio,
maltosio. Il latte bovino, attraverso un particolare trattamento, viene privato
del lattosio, oppure si consiglia di mangiare yogurt fresco ricco di lattasi
naturale, abitualmente ben tollerato da questi soggetti. Dopo aver eliminato
o drasticamente ridotto il consumo di alimenti responsabili di reazioni, bisogna
diminuire anche il consumo di cereali, legumi e patate al fine di ottenere una
riduzione dell’introito di amido nella dieta per ottenere una migliore e ottimale
funzione intestinale. In commercio esistono preparati di batteri eubiotici capaci
di riequilibrare la flora batterica intestinale.
Nei casi in cui esiste il sospetto di una PAR (reazioni pseudo-allergiche) da additivi in cui la causa precisa non è stata evidenziata, bisogna cercare di nutrirsi con alimenti a basso contenuto o privi di additivi. Alimenti da evitare in questi casi sono: i vini bianchi contenenti solfiti, le varie bevande in commercio del tipo cola, succhi, sciroppi, gli alimenti preconfezionati, quelli precotti e in scatola, gli insaccati, i cibi sott’olio, sott’aceto, la maionese commerciale, la mostarda, marmellate, gelati e dolci commerciali o preconfezionati.
Quando la sintomatologia dell’allergia è importante si possono somministrare farmaci, come gli antiistaminici, in grado di alleviare e di ridurre i disturbi.
In ogni caso l’intervento farmacologico deve essere prontamente eseguito dal medico.